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IL DIBATTITO
25 Agosto 2023 - 06:29
Stupro di Palermo
Un'iniezione per inibire la produzione di ormoni sessuali come il testosterone e azzerare la dopamina, primo movens del desiderio carnale. La castrazione chimica di fatto rende impotenti, al di là di ogni volontà del singolo. E punisce. Sul modello dell’antico codice “occhio per occhio”. Ma nulla può rispetto alle ragioni profonde che portano alla violenza. Ed è proprio su questo punto che si inasprisce il dibattito tra chi vorrebbe castrare pedofili e stupratori e chi pensa che non sia nella punturina la soluzione di un problema che permea la società a tutti i livelli.
Il diacono:«Ho tre figlie, non potevo tacere»
«Basta ipocrisie, serve la castrazione, decisa seriamente come pena dallo Stato quando c’è la certezza della violenza». Così Graziano Scicchitano, noto diacono della parrocchia San Vincenzo di Nichelino, riapre il dibattito sulla castrazione chimica per il branco di Palermo e non solo. «Sono padre di tre figlie femmine - racconta - e non potevo restare indifferente di fronte alla notizia di uno stupro di gruppo. Tanto più che nella mia attività di volontariato seguo anche ragazze che hanno subito violenze».
Ha parlato da papà, più che da diacono Scicchitano, nell’invocare quella sorta di Legge del Taglione, attualmente legale in Polonia, Corea del Sud, Russia, Estonia e in diversi Stati Usa, che il vicepremier Matteo Salvini propone di portare in Parlamento anche in Italia. «I malati vanno curati e bisogna metterli in condizione di non ripetere la loro follia» spiega Salvini. Torna così in auge un vecchio cavallo di battaglia della Lega, che tuttavia sembra non convincere la politica nostrana.
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«La castrazione chimica in un mondo di violenza sulle donne è poco più che una triste vendetta tardiva» commenta la vicepresidente del consiglio comunale di Torino, Ludovica Cioria. «Arriva solo quando il danno è già fatto, non fa niente per la vittima e rende la società ancora più brutale. Da un ministro ci si aspetterebbero proposte più evolute dei commenti da bar». Sulla stessa linea di pensiero anche la presidente dell’associazione Torino Città Per le Donne, Antonella Parigi per cui «soluzione tout court, come la castrazione chimica, non affrontano la complessità del problema». Per Parigi serve «un cambiamento complessivo del Paese, dove la cultura maschilista è diffusa a tutti i livelli».
Non vede di buon occhi l’introduzione della castrazione in Italia neppure la consigliera regionale dem Monica Canalis. «Non credo che la soluzione sia aggiungere nuovi reati al nostro Codice Penale, tendenza della destra al Governo, o limitarsi a inasprire le misure repressive - spiega -. Senza prevenzione non si va da nessuna parte». Punta sul ruolo giocato da scuola e famiglia nell’ambito della prevenzione dei reati anche l’onorevole di Fratelli d’Italia Paola Ambrogio. «Le pene ci sono, semmai è la mancata o benevola applicazione delle stesse il problema» premette e prosegue: «Serve un’azione ampia: a preoccupare sono una sensibilizzazione scolastica insufficiente, una tendenza a derubricare a “bravata” in ambito familiare e, anche, una drammatica morbosità collettiva». Come testimonia la caccia al video della violenza di Palermo che si è scatenata su Telegram.
«Quando si disinveste sui consultori pubblici, che sono il luogo deputato per l’educazione alla sessualità responsabile e consenziente, o si vogliono distorcere a strumento per impedire le libera scelta delle donne, sulla maternità, sulla sessualità, sull’interruzione di gravidanza, si sta rafforzando quella cultura patriarcale mai davvero sconfitta» sottolinea anche la capogruppo dei dem in Sala Rossa Nadia Conticelli.
La parrocchia di Nichelino replica
Nel frattempo, il parroco di Nichelino, don Mario Aversano precisa: «Manuale di catechismo alla mano, la chiesa cattolica è lontanissima da qualunque prospettiva che implichi una pena lesiva della dignità del corpo di un essere umano». E anche Graziano Scicchitano - passata la rabbia del momento - alla fine concorda: «Il vero problema è che in Italia manca la certezza della pena».
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