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Il giallo dell'eredità del filosofo
21 Settembre 2023 - 16:24
Simone Caminada, abito blu e occhiali neri, è in piedi nella camera ardente, accanto alla bara di Gianni Vattimo, il filosofo scomparso l'altra sera, all'ospedale di Rivoli, all'età di 87 anni. E' lui, l'assistente divenuto compagno di vita per quattordici anni, l'uomo che avrebbe dovuto sposarlo, ad accogliere tutti: il Rettore Stefano Geuna, il professor Graziano Lingua, direttore del Dipartimento di Filosofia dell’Università, il professor Maurizio Ferraris, Marco Rizzo, Franco Debenedetti e tanti amici, docenti, studenti ed ex studenti come l’ex presidente della Fondazione Crt, Giovanni Quaglia, che ricorda il suo primo esame universitario, sostenuto proprio con Vattimo.
«Non ha mai mollato, è sempre stato coerente col suo stile di vita, con la sua storia, coi suoi anni. Anche la decisione di lasciarsi andare è stata coerente con le verità del pensiero debole» dice Simone, parlando di Vattimo. E anche nel momento del dolore, la rabbia emerge in superficie: per la vicenda giudiziaria - Caminada è stato condannato per circonvenzione di incapace -, per le nozze bloccate, per quello che lui chiama «puro accanimento da parte della magistratura». In questi giorni ci sarebbe dovuta essere una udienza per decidere sull'amministratore di sostegno per il filosofo, un altro, dopo che il precedente era stato revocato quando una perizia aveva stabilito che il padre del "pensiero debole" era assolutamente capace di intendere e volere. «Non ha voluto reggere alla nuova richiesta di periziare la sua testa, lo ha ritenuto un insulto» dice.
Ma nonostante tutto, la vicenda giudiziaria è ancora pendente: da quanto si apprende i conti correnti cointestati del filosofo sono bloccati e la magistratura ha inserito nel procedimento penale ancora pendente in appello i testamenti di Vattimo. Il primo che suddivideva i beni tra i suoi eredi, nello specifico proprio Caminada - cui andava la metà dell'appartamento di via Po dove vivevano - e la "moglie segreta" di Vattimo, ossia la psicoterapeuta Martine Tedeschi, sposata nel 2010, poco dopo aver perso il suo compagno - morto in aereo, in un viaggio verso l'Olanda per l'eutanasia, mentre molto tempo prima Vattimo aveva perso il primo storico compagno, per Aids.
«Un giorno, mi disse che non voleva che i suoi averi andassero perduti e, non avendo nessuno a cui lasciarli, mi propose di sposarci, continuando, però, a fare ognuno la propria vita» aveva raccontato, mesi fa, la dottoressa Tedeschi che poi è passata nel ruolo di accusatrice di Caminada. Che, stando al secondo testamento, sarebbe erede universale. Il giallo, però, è su un terzo, che Vattimo avrebbe redatto negli ultimi mesi e di cui ancora nessuno vuole parlare.
Nella camera ardente in Rettorato, tra due mazzi di rose e la toga da docente appoggiata su una sedia, ci sono anche due teche con alcuni ricordi della sua vita accademica, dal libretto con i voti degli esami alla sua tesi di laurea su "Il concetto di fare in Aristotele". «Questo è un momento triste, si ricorda un uomo che ha avuto una vita così ricca ma è anche il momento di riflettere e di ricevere quella eredità spirituale e culturale che un uomo, un collega di questo livello lascia a tutti e a tutte noi». ha detto il rettore Geuna. «Ricordiamo un grandissimo della scienza e della cultura - ha proseguito Geuna - un uomo che ha vissuto l’università in senso lato come la sua casa, uno scienziato di livello internazionale, un professore meraviglioso, un comunicatore che ancora oggi sarebbe innovatore»
Caminada, invece, ricorda il compagno, l'uomo ironico. «Noi avevamo i nostri piccoli giochi - racconta -, sceglievamo un canzone, io cercavo il testo su Google e gliela recitavo. L’ho fatto anche in ospedale e l’altro giorno il marito della sua vicina di letto - aggiunge - ha portato dei fichi, allora mi è venuta in mente la canzone di Guccini, "I fichi". È stata l’ultima che gli ho letto».
I funerali si terranno sabato mattina nella chiesa di San Lorenzo, alle 10.
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