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Il sogno di un imprenditore visionario
30 Settembre 2023 - 08:14
Altro che Elon Musk e la sua Tesla: Torino costruiva le auto elettriche già oltre cento anni fa. Non inquinavano, l'elettricità costava meno della benzina, percorrevano quasi cento chilometri, ma furono abbandonate. In questo articolo cerchiamo di scoprire perché.
Un gioiello di moda per le signore
«Le vetture elettriche sono le meglio indicate per la città, perché non richiedono per la loro costruzione un meccanismo troppo pesante, riescono più snelle, e quindi più eleganti, sfilano silenziose, e non ammorbano l’aria con emanazioni di olio e benzina bruciati, preferite quindi a giusta ragione, dalle nostre dame che su di esse possono splendidamente figurare nelle pubbliche passeggiate».
Così recitava, nel 1906, una pubblicità della Dora, un'azienda di Alpignano antesignana della Philips, fondata da quell'Alessandro Cruto che fu l'inventore della lampadina a incandescenza. Veloci, economiche, ben cento chilometri con una sola ricarica: le piccole vetture della Dora erano reclamizzate all'insegna del progresso sulle ali dell'elettricità, un simbolo di modernità.
Napoleone Leumann, il visionario
Ma il vero grande successo era di un'altra vettura, la Duc De Dame, anche questa pensata per un pubblico femminile, per la sua eleganza: un chiaro segno di anticonformismo in un'epoca in cui le signore magari erano viste con sospetto se osavano anche solo andare in bicicletta, immaginatevi a guidare! Difatti, di solito era accompagnate da un autista o dal marito.
Questa simpatica automobile, che possiamo ancora vedere esposta al Mauto, il Museo dell'automobile, arrivata sul mercato nel 1909, vantava un motore in posizione centrale e le batterie sotto il finto cofano: aveva una potenza di 10 cavalli e raggiungeva una velocità di ben trenta chilometri orari.
A produrla era una società nata come succursale della francese Krieger, specializzata in veicoli elettrici e ibridi - nel senso che avevano due motori elettrici e un alternatore alimentato da un motore termico -, in cui investì l'imprenditore tessile Napoleone Leumann, un visionario: a lui si deve la realizzazione dello storico borgo operaio, in stile inglese, accanto al suo stabilimento a Collegno, un modello urbanistico e sociale modernissimo per l'epoca.
Leumann si affrancò dai francesi e costituì la Stae, ossia la Società Torinese Automobili Elettrici, con un capitale sociale di 900mila lire. Produceva auto e camion, che l'imprenditore aveva adottato per la sua rete di distribuzione dei prodotti tessili. Va sottolineato, in maniera curiosa, che all'epoca "automobili" era ancora un termine maschile. Fu, anni dopo, Gabriele D'Annunzio su sollecitazione di Giovanni Agnelli a declinare la parola al femminile.
Le auto elettriche comunque piacevano: erano silenziose - non turbavano i cavalli delle carrozze circolanti in città, per esempio - a differenza di quelle con motore a scoppio, non puzzavano e per avviarle bastava un pulsante, anziché la faticaccia della manovella, quando funzionava, delle altre. Per le quali, per di più, la benzina non era neppure così facile da trovare: la si comprava in farmacia, in bidoni da dieci litri.
Sconfitte da petrolieri e Fiat
Eppure, le auto elettriche scomparvero. Tanto che anche la Stae stessa chiuse i battenti nel 1912. Ma perché accadde? Intanto, i lunghi scioperi operai - i primi - di quegli anni misero a dura prova la vita della fabbrica. E poi, c'era la questione dell'autonomia, troppo limitata a confronto delle auto con il motore a scoppio per le quali era sufficiente portarsi dietro qualche tanica in più. E poi, il business della benzina, che già si intuiva che potesse essere clamorosamente redditizio.
Se in America, dove pure agli inizi del secolo c'era una rete di ricariche impressionante, con ben 44 colonnine nella sola New York, alle pressioni dei petrolieri, qui a Torino si può imputare la crisi dell'elettrico a quella che oggi chiameremmo "abuso di posizione dominante": la Fiat degli Agnelli, infatti, produceva a ritmi forsennati auto con motore a scoppio, riuscendo a imporsi sul mercato, spesso assorbendo o facendo fallire i concorrenti.
Non è passato molto tempo, in fondo, da quando Sergio Marchionne provò a predire che per il mercato ibrido e quello elettrico non c'era futuro...
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