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IL REPORT
24 Ottobre 2023 - 16:35
Un bambino nel centro di accoglienza di via Traves
Per giorni, le immagini dei migranti del centro di accoglienza di via Traves hanno occupato le prime pagine di quotidiani e telegiornali. Poi, a poco a poco, l’emergenza si è sgonfiata - quanto meno a Torino - e le notizie che riguardavano i flussi migratori sono scivolate in fondo ai palinsesti. Il centro di prima accoglienza di Torino è stato smantellato per lasciare il posto ai senza tetto in vista dell’arrivo dell’inverno e i sopralluoghi per i nuovi Cpr in città non sono mai partiti. Una situazione di calma apparente, come quella del mare d’autunno, che potrebbe portare a una nuova ondata di sbarchi sulle coste della nostra penisola e, di conseguenza, far riaffiorare le crepe di un sistema di accoglienza già oggi allo stremo, soprattutto per quanto riguarda i bambini stranieri non accompagnati.
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«La situazione dei minori nel sistema Sai è preoccupante» denuncia la segretaria Elena Ferro, aprendo i lavori del convegno della Cgil “Torino oltre ogni barriera. Accoglienza, dignità, lavoro, diritti”. Si contano solo tre progetti di accoglienza in tutta la regione, «per un totale di 148 posti» spiega, ma i problemi non si esauriscono qui. «Torino è al collasso» denuncia la Cgil, in occasione dell’incontro. A Torino, già nel 2021, c’erano solo 3.637 posti per gli stranieri. «Oggi il sistema è saturo, non si può più accogliere» rimarcano ancora dal sindacato.
«Le associazioni di volontariato hanno declinato le richieste della prefettura e stentano a collaborare con il Prefetto per la totale indisponibilità di programmazione» aggiunge Ferro durante il suo intervento. Al momento, sono 414 le strutture attive di competenza della Prefettura di Torino, dislocate su 121 dei 316 Comuni della provincia e gestite da 49 diversi enti del privato sociale. La sola Città metropolitana ne ospita circa il 41%, con i relativi problemi di gestione.
Concentrandosi poi sulle ricadute occupazionali del fenomeno migratorio, la Cgil sottolinea come si tratti principalmente di «lavoratori poveri, fragili, spesso ai margini della filiera produttiva». Le donne poi appaiono in ulteriore difficoltà: molte sono colf e, circa una su due è impiegata come badante.
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