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Climate change
01 Gennaio 2024 - 11:18
Si continua a scrivere e soprattutto a parlare di sostenibilità ambientale . Inutili ed esasperanti blablabla sugli effetti del cambiamento climatico e le gravissime conseguenze che questo sta avendo sulle nostre vite e sul nostro futuro prossimo hanno reso questo tema un argomento da bar sport. Come si è tutti commissari tecnici della nazionale di calcio si è ormai tutti esperti climatologi. Così chiunque, anche se ignorante come una scarpa vecchia, può impancarsi ed affermare che il clima non sta cambiando, negando l’evidenza e contraddicendo fior di scienziati e di premi Nobel. Questi saputoni, leoni da tastiera, col loro negazionismo infantile imperversano sui social e, dato il loro numero, di fatto banalizzano il problema offuscando in parte la gravità dell’emergenza climatica, atteso che ormai una certa opinione pubblica si forma all’ingrosso sui social network.
Dall’altra parte della tifoseria ci sono gli ultras di Ultima Generazione et similia che imbrattano la basilica di San Marco a Venezia o Palazzo Vecchio a Firenze o opere d’arte dentro i musei o bloccano il traffico all’ora di quando la gente si sta recando al lavoro. Insomma una storia di nuovi opposti estremismi dove quelli di una volta almeno qualche idea nella zucca l’avevano. Tanto per rimanere nella metafora calcistica (o politica) al centro dovrebbero esserci le teste pensanti, i nostri amministratori e governanti, coloro cioè che, per mandato, si fanno carico dei problemi e cercano di risolverli, o almeno dovrebbero. Se, ai nostri amministratori, il problema delle conseguenze del cambiamento climatico appare spropositato per essere risolto con le loro forze e competenze, allora cartesianamente lo si dovrebbe cercare di smontare in tanti problemi più piccoli ma ragionevolmente e prontamente risolvibili. In Europa si è pensato che una risoluzione possa essere vietare, tra pochi anni, le auto a motore endotermico nei paesi UE e costruire solo auto elettriche, le cui batterie vengono costruite in Cina dove si stanno allegramente anche edificando tre enormi centrali a carbone. Insomma ogni medaglia ha il suo risvolto opaco. E potremmo continuare con tutte le trovate falso-sostenibili propugnate dalla politica, a sua volta spinta a scelte scellerate dalla propria ignavia ,dalle lobbies dei cementieri, dei costruttori di automobili, di aerei, di centrali eoliche, voltaiche ,nucleari, ecc. ecc.
Purtroppo pochissimi danno ascolto agli scienziati più seri che indicano una soluzione, anche se parziale, facile da attuare in tempi relativamente brevi ma che può contrastare, sia a livello planetario che locale, specialmente nelle città, l’aumento delle temperature. La soluzione è facile:la massiccia piantumazione di alberi tutto dove è possibile nelle aree urbane ed extra urbane. Ora vogliamo essere positivi e prendiamo atto che il governo qualcosa sta facendo: cinquantadue progetti di forestazione ammessi a finanziamento, per un importo superiore ai 113 milioni di euro, per mettere a dimora oltre 2,5 milioni di nuove piante in quattordici città metropolitane: è il bilancio del secondo avviso pubblico dell’investimento Pnrr sul Piano di Forestazione urbana ed extraurbana, che permetterà un intervento su circa 2500 ettari di territorio nazionale. Questi progetti si aggiungono ai 35 approvati nel primo avviso pubblico del 2022, che hanno già consentito la messa a dimora di oltre due milioni di piante. E’ la strada giusta, ma è solamente una goccia nel mare. Tralasciamo il discorso riguardante la riforestazione a livello planetario, che sarà affrontato in un prossimo intervento e restiamo in Italia, focalizzando l’attenzione sul beneficio apportato dagli alberi nelle città. A questo proposito è utilissima ed esaustiva la tabella della FAO che segue:
E’ di tutta evidenza che se ci fosse la consapevolezza da parte di sindaci ed amministratori locali dei benefici che portano gli alberi sia in termini di assorbimento della CO2, di emissione di ossigeno, assorbimento delle micropolveri (l’inquinante più micidiale per la salute), l’abbassamento delle temperature in estate, nelle nostre città non dovrebbe più esserci un metro quadro di terreno piantumabile senza un albero.
Ma se i nostri amministratori sono inerti rispetto a questa problematica non è solo per ignoranza o miopìa ma è una precisa scelta, politica e culturale, a favore del partito trasversale dei costruttori. E per costruttori si intende impresari, società di ingegneria, architetti, fornitori di materiali edilizi, ecc. L’imperativo categorico è costruire, con un consumo di suolo e una cementificazione abnorme. E’ quasi sconosciuta la cultura del recupero e del massivo riutilizzo funzionale. La città di Torino, probabilmente la più inquinata d’Europa, aveva negli anni settanta del secolo scorso circa un milione e trecentomila abitanti, oggi ne ha meno di novecentomila. Da dove nasce la necessità di continuare a costruire abitazioni? Perché non si recupera il suolo in città, anche in centro ormai quasi completamente impermeabilizzato, per piantare alberi? E stiamo parlando di una città che ha una grande tradizione di progettazione e cura del verde pubblico, anche se quella tradizione non è più sufficiente a fare fronte alla urgente necessità di rendere molto più “verde” la città. Esistono centinaia, forse migliaia di appezzamenti di terreno di proprietà comunale, acquisiti in cambio di aumenti di capacità edificatorie dei privati, che avrebbero dovuto diventare giardini e giardinetti di quartiere. Ma per mancanza di fondi o di volontà sono diventati dei terreni incolti pieni di rovi. Questi dovrebbero essere i primi luoghi di piantumazione, per abbattere le isole di calore che ogni estate fanno impennare i picchi di mortalità degli anziani. Altri luoghi immediatamente “alberabili” dovrebbero essere le aree degli svincoli della tangenziale e tutte le strade e i corsi periferici che ne sono pressoché privi. Occorrerebbe, inoltre, nei principi e direttrici del nuovo Piano Regolatore in gestazione prevedere obblighi, ma anche incentivi, nelle aree dei privati per il verde che, nell’emergenza climatica, assume una grande valenza di interesse pubblico.
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