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SPECIALE SALUTE

Anziani e deficit di memoria. Ecco quali sono le cause più frequenti

Risponde ai lettori di TorinoCronaca il dottor Angelo Elio Palmitessa, dell’Ospedale Koelliker

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Deficit di memoria negli anziani

Dottore, come posso proteggere la memoria dei miei genitori? Ci sono stati dei peggioramenti dopo la pandemia.

«Molto spesso arrivano in visita figli di pazienti che iniziano ad avere problemi cognitivi e mi chiedono lumi su come gestire al meglio la situazione» risponde ai lettori il dottor Angelo Elio Palmitessa, dell’Ospedale Koelliker. «Uno dei motivi più frequenti di richiesta di visita nell’ambulatorio di Geriatria è quello dei deficit della memoria. Spesso e volentieri vediamo pazienti accompagnati dai figli che hanno potuto osservare nel tempo come i genitori abbiano perso la memoria, soprattutto le capacità mnestiche (vale a dire la capacità di formare, immagazzinare e rievocare informazioni di vario tipo, ndr). Purtroppo questo può essere il preambolo dei quadri di involuzione cerebrale. Ci sono invece casi in cui questi episodi di deficit mnestici possono essere secondari ad altre patologie e quindi, in parte, reversibili. La situazione molto spesso è cronica, quindi precipita nel tempo perché non è soltanto un problema di carattere medico ma si tratta di una questione sociale. Vale a dire che spesso i figli hanno l’ansia e la preoccupazione di dover gestire uno o due genitori che invecchiano sempre di più con una impossibilità nel poter rimanere da soli a casa».

Questo problema è ulteriormente peggiorato nel periodo post pandemia. «Subito dopo la pandemia molti anziani hanno avuto un crollo, che è da ricondurre al momento di solitudine» racconta ancora l’esperto. Questi pazienti si sono ritrovati improvvisamente da soli nella propria casa, spesso non sono usciti per diversi mesi, con i figli che portavano la spesa. Ancor più tragico è stato il periodo della pandemia quando ricevevo telefonate di figli di pazienti che non sapevano come gestire il proprio genitore perché molte volte tenerli bloccati a casa significava un largo uso di farmaci antipsicotici in modo tale da contenere - quasi sedarli - per riuscire a gestirli».

Adesso si possono osservare le conseguenze di quel periodo, sotto forma di «episodi di depressioni e maggiori quadri di involuzione comunque cerebrale. Tutti test che possiamo fare qui all’interno dell’ospedale durante la visita o con l’aiuto anche degli psicologi, che fanno vedere come il declino cognitivo è sempre più evidentemente legato all’allungamento della vita. Cuore e cervello comunicano tra di loro molto più spesso di quanto si possa pensare e quindi i danni che troviamo a livello cardiaco molte volte li possiamo trovare anche livello cerebrale. Soprattutto in quelle che sono le forme vascolari in questo momento più frequenti delle involuzioni cerebrali» conclude il medico del Koelliker.

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