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La polemica
24 Marzo 2024 - 06:00
Il professor Luca Ricolfi non è uno dei tanti. Il suo pensiero non conformista e le sue analisi puntuali su molti settori e aspetti della società italiana, si distinguono nel panorama accademico italiano per originalità e aderenza alla realtà fattuale. Apre un vaso di Pandora, rivelando una realtà che molti fanno finta di non vedere: le università italiane, dominio di minoranze di sinistra, studentesche e non, diventano troppo spesso luoghi di sopraffazione e intolleranza.
L’ormai noto episodio di attivisti di sinistra che irrompono con striscioni e bandiere nella sala dove era riunito il senato accademico, che è stato pavidamente acquiescente alla “pressante” richiesta di non partecipare al bando del ministero degli esteri per la collaborazione scientifica con università israeliane è l’ultimo episodio, in salsa antisemita. Ricolfi, che ha insegnato una vita all'Università di Torino, in una recente intervista a La Stampa (fatto immediatamente rintuzzare il giorno dopo con una controintervista di una prof. allineata, sempre sul giornale degli Agnelli-Elkann) risponde «No, purtroppo», quando gli si chiede se è la prima volta che si verifica un simile condizionamento da parte dei collettivi universitari.
Il professore ricorda un episodio di oltre vent'anni fa, quando a Marcello Veneziani fu impedito di parlare a Palazzo Nuovo. Ma la lista è lunga, e comprende anche vari atti di intolleranza al Salone del libro, protagonisti gli stessi soggetti che si arrogano il diritto di decidere chi può entrare e chi può parlare all’università, e soprattutto di che cosa si può dibattere e che cosa non è permesso discutere, in nome dell’antifascismo, non solo all’università ma nella città di Torino. Il senato accademico dell’università di Torino ha dimostrato di non avere la schiena dritta.
«Certo, si sarebbe dovuto dire no», afferma Ricolfi quando gli si chiede se si sarebbe potuto dire di no alla mozione scritta da alcuni docenti come supporto per gli attivisti studenteschi di sinistra. Una mozione che ha suscitato reazioni da parte di una fetta di accademici, che parlano di un "Rettorato debole". Ricolfi condivide questa posizione, tanto da domandarsi se il Rettore non dovrebbe dimettersi. Antisemitismo e razzismo sono le nuove forme di intolleranza.
Questi gruppi si mobilitano solo per la condizione dei palestinesi e non per quella delle donne iraniane perseguitate e uccise se rifiutano di indossare il velo islamico, non si mobilitano per gli stupri e gli scempi delle donne israeliane da parte di Hamas, né impongono agli organi accademici di troncare le collaborazioni scientifiche con la Cina, la Corea del Nord o altre dittature. Il professor Ricolfi non ha paura di chiamare le cose con il loro nome. Parla di un «antisemitismo conclamato, più che strisciante».
Ma non si tratta solo di antisemitismo: secondo il professore, stiamo assistendo a una forma inedita di razzismo, che perseguita le persone non per gli atti di cui sono responsabili, ma per i loro caratteri ascritti: etnia, nazionalità, sesso. Si sta assistendo ad una sorta di disarmo culturale, i nuovi valori, quelli che le élite minoritarie diffondono, partendo dalle università, nei media, nella cultura di massa, nello spettacolo scimmiottano e sussumono la cultura Woke americana e di fatto impongono la politicizzazione della scienza. «Eccome se c'è», risponde Ricolfi quando gli si chiede se c'è un collegamento con la cultura woke, che dilaga negli States. La missione principale delle università non è più la ricerca scientifica, l'indagine obiettiva e disinteressata, l'avanzamento della conoscenza, ma il perseguimento della Social Justice.
Un cambiamento epocale che, secondo il professore, sta politicizzando tutto, dalle relazioni interpersonali ai codici etici delle imprese e delle istituzioni. L'attacco alla professoressa Chiara Saraceno, costretta a difendere la sua storia accademica e di femminista, è un altro esempio plastico dell'imbarbarimento di una componente significativa del femminismo, che ormai ha assunto tratti neo-razzisti. Ricolfi esprime tutta la sua solidarietà alla professoressa, sottolineando come l'indulgenza del mondo progressista verso la mentalità woke e la costante demonizzazione degli avversari abbiano contribuito a chiudere gli spazi del dialogo e della tolleranza.
Quella proveniente dall’università è l’armatura ideologica che sostiene tutto il sistema Torino e i potentati che lo esprimono: politecnico, fondazioni, enti, parti di magistratura, istituzioni culturali, media, partito trasversale della Fiat, ecc., per gestire consociativamente e dominare la città di Torino. Se non si illumina questa correlazione non si comprendono iniziative del comune come la “legalizzazione” del centro sociale Askatasuna e le non iniziative sulla vendita della Fiat-Fca ai francesi, con conseguente deindustrializzazione di Torino
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