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LA POLITICA

«Noi siamo dei garantisti», ma Gallo jr rischia il posto di capolista alle regionali

I Cinque Stelle all’attacco: «E’ tutto un poltronificio». Mentre il segretario regionale dei dem prende tempo: «Prima capiamo di cosa si tratta e poi decidiamo»

L'inchiesta scuote il mondo politico

L'inchiesta scuote il mondo politico

Si muove tra critiche e garantismo il dibattito politico il giorno dopo lo scandalo delle infiltrazioni 'ndranghetiste negli appalti per la manutenzione delle autostrade nel torinese. «Non è nello stile di Forza Italia fare della speculazione politica su vicende giudiziarie», commenta il ministro Paolo Zangrillo, segretario di Forza Italia in Piemonte. «Su questi episodi, che vanno approfonditi e chiariti, abbiamo sempre avuto una posizione molto chiara: siamo garantisti. Aspettiamo che sia la magistratura a fare i suoi passi», risponde Zangrillo a chi gli chiede di commentare il coinvolgimento di Salvatore Gallo nell’inchiesta torinese. Posizione confermata anche in merito alle vicende di Bari. «Personalmente - aggiunge il ministro - mi auguro che sul nostro territorio non ci siano le infiltrazioni mafiose di cui si parla». Tra chi si definisce garantista anche l’onorevole di Azione Osvaldo Napoli. «Mi auguro che la politica non si nutra di queste polemiche a scopo elettorale», commenta. «Il Parlamento ha dimostrato proprio in questi giorni di aspettare le sentenze anche quando al centro delle vicende giudiziarie ci sono dei ministri», aggiunge sibillino.

 

Ben più preoccupati appaiono tra le fila del Partito democratico. L’inchiesta che tocca direttamente papà Sasà rischia di travolgere il figlio Raffaele - non indagato - e capolista del Pd alle prossime regionali. La situazione appare in stallo. Gallo junior potrebbe ritirarsi dalla competizione elettorale, nella peggiore delle ipotesi. Oppure restare in pista, rinunciando al ruolo di capolista. Le sensibilità all’interno del Partito sono diverse e il segretario regionale dei dem, Mimmo Rossi, prende tempo. «Da sempre sosteniamo che non si può delegare tutto alla magistratura e che compito della politica è quello di arrivare prima e mettere in campo tutte le barriere preventive possibili, prendendo in considerazioni non solo gli elementi di rilevanza penale, ma anche quelli relativi ai profili di opportunità», spiega in una nota congiunta con il segretario provinciale Marcello Mazzù. Per queste ragioni all’interno del partito, nei prossimi giorni, «valuteremo con estremo rigore le situazioni che stanno emergendo e le carte processuali, acquisendo ogni informazione disponibile, al fine di assumere tutte le decisioni che si dovessero rendere necessarie per tutelare la nostra comunità politica e le istituzioni».

Il nome di Raffaele Gallo non viene mai fatto. Eppure è lì. È stato proprio lui a proporre la nomina dell’altro indagato illustre, Roberto Fantini, all’Organismo regionale per il controllo collaborativo (Orecol). «Sono fiduciosa che il Pd piemontese saprà assumere tutte le decisioni necessarie per tutelare la comunità politica del centrosinistra e le istituzioni», commenta la candidata presidente del Pd Gianna Pentenero. «Se pure ci fossero dei colpevoli, credo che le colpe dei padri non debbano ricadere sui figli», chiosa Giacomo Portas, leader dei Moderati.

«Si tratta di una fattispecie molto grave, specie per chi si è detto pronto a vigilare sulla correttezza dell’amministrazione regionale e per il partito che ha garantito per il suo nome», sottolinea il Gruppo Lega tramite una nota. Ben più sprezzante il commento dei Cinque Stelle sull’Orecol. «È un “poltronificio”, con zero effetti positivi per i cittadini piemontesi. Una pessima idea di Cirio e del centrodestra, sposata con entusiasmo anche dal Partito democratico» tuonano Sarah Disabato, Ivano Martinetti e Sean Sacco, alla vigilia dell’annuncio del loro candidato presidente alle prossime regionali. Prima del voto, il Consiglio regionale si dovrà riunire nei prossimi giorni per sostituire Fantini. «Una vicenda che non fa certo onore alla nostra Regione», concludono i grillini. Mentre prova «sdegno e rabbia per l’ennesimo segnale di connivenza tra ’ndrangheta e il Piemonte» Francesca Frediani, consigliere regionale Unione Popolare Piemonte. «È un dato veramente preoccupante che un garante della legalità degli appalti sia stato nominato e poco tempo dopo sia stato accusato di collaborare con le cosche della ’ndrangheta per favorire l’assegnazione dei lavori della Torino-Bardonecchia e in opere connesse con il Tav Torino Lione». In una marea di appalti «è più facile incontrare gli squali» chiosa Marco Grimaldi, vicecapogruppo di Alleanza Verdi Sinistra alla Camera. «Così come bisogna intervenire sulle catene dei subappalti per contrastare il lavoro povero; è dentro le deroghe e le soglie previste dagli appalti, dove le informative antimafia non sono obbligatorie, che si insinuano più facilmente le mafie».

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