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"Se un angelo a Lisbona": così ci ribelliamo al tragico destino del Grande Torino

Il figlio del grande Gabetto dà voce ai pensieri di suo padre in un racconto vivido e struggente

"Se un angelo a Lisbona": così ci ribelliamo al tragico destino del Grande Torino

Riflettiamo un istante su un'ipotesi, tanto affascinante quanto struggente: e se quel tragico episodio non fosse mai avvenuto? E se quel gruppo di promettenti giovani calciatori non avesse preso il volo diretto a Lisbona? E se l'aeroplano non avesse mai incontrato la collina di Superga il 4 maggio di 75 anni fa? E se la celebre squadra degli Invincibili non fosse svanita in un istante? Questo è il tema al centro del racconto di Guglielmo Gabetto, l'acrobatico attaccante del Grande Torino, l'artefice di gol inimmaginabili, che ci propone un'intensa riflessione sulle nostre scelte di vita, rappresentando con "parole vivide" quest'ottica alternativa.

E' proprio la voce di Guglielmo Gabetto, l'eroe torinese, che immerge il lettore in un'atmosfera di straordinaria eventualità. Questo è quanto scaturisce dagli acuti pensieri di due autori granata, tra i quali spicca la figura del figlio del grande Gabetto. Citando con profonda commozione e ironia l'impossibile e il probabile, la realtà e l'immaginazione, costruiscono pagine di ardita fantasia che ci invitano a riflettere sugli imprevedibili incroci delle nostre esistenze, sulle aleatorie decisioni che ognuno di noi prende e che potrebbero far svoltare le nostre vite in una direzione o nell'altra.

Il racconto di "Se un angelo a Lisbona" (Neos, 15 euro) si erge come un tributo alla memoria "di uomini che non erano solo campioni, ma incarnavano per l'intera nazione la speranza di rinascita, il desiderio di ripresa dopo le rovine materiali e spirituali seminate dalla Seconda Guerra Mondiale che aveva ridotto il nostro Paese in ginocchio. In un'epoca in cui le vittorie di Valentino Mazzola, Guglielmo Gabetto, Franco Ossola e compagni venivano celebrate da tutta l'Italia, è per questo che oggi ancora sogniamo a occhi aperti. Se solo non avessero preso quell'aereo" come dice nella prefazione il giornalista Beppe Gandolfo.

Salgono alla ribalta anche due figure di autori, Orazio Di Mauro, nato a Torino nel 1949, laureato in Ingegneria e docente di fisica nelle scuole superiori, che oltre all'impegno nell'attività di divulgazione scientifica e insegnamento, ha speso parte della sua vita per il movimento ecologista, scrivendo testi scientifici e teatrali e collaborando a riviste, già autore di "Rosso diretto", sempre per Neos. Accanto a lui, c'è Sergio Gabetto, nato a Torino nel 1947 e figlio di Guglielmo, calciatore del Grande Torino scomparso nella tragedia di Superga. All'attività didattica come insegnante e assistente universitario presso la Facoltà di Fisica di Torino, ha affiancato una carriera nel calcio dilettantistico, fondando insieme al fratello Gigi la Scuola Calcio Gabetto, un incubatore di talenti calcistici. Ha trascorso più di vent'anni a Cuba e in Centro e Sud America alla ricerca di giovani promesse del calcio.

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