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La giornata conclusiva
13 Maggio 2024 - 05:50
Nella serata della domenica, quella dove tradizionalmente, prima della cena con staff ed editori, ci si lascia andare ai bilanci, dal Salone del Libro non arriva nessuna indicazione, nessuno sbilanciamento. Interpellata direttamente, la direttrice Annalena Benini risponde «diciamo tutto domani».
Vale a dire oggi pomeriggio, alla conferenza stampa di chiusura, al Bookstock. La sensazione, basandosi sulle code lunghissime, alle resse agli incontri e ai firmacopie degli scrittori, è che possa trattarsi di un’altra edizione da record. Ma, giova ripeterlo, i sentiment sono contrastanti. Come in ogni prima volta, in questo caso quella di Benini erede di Lagioia.
Le agenzie di stampa dicono che «per gli editori si prospettano vendite boom», ma forse vale per i grandi editori, perché tra i piccoli e gli indipendenti si registra un po’ di perplessità. C’è chi lamenta il fatto che, a fronte di migliaia di persone, sembrano ancora pochi quelli che trovano il tempo di fermarsi tra un evento e l’altro. Perché questo sembra il Salone, più che una fiera-mercato: un happening costante.
Dove, nonostante le precauzioni prese da regolamento per la campagna elettorale, la politica si è presa (anche troppo) la ribalta. Leader politici sono passati, il padre di Ilaria Salis ha parlato della sua candidatura. Ieri Antonio Scurati, l’autore del monologo cancellato in Rai, è tornato sul tema attaccando (al solito) il governo, parlando di «intellettuali indicati come nemici», usando di fatto, manco fosse un copione, le stesse parole e gli stessi argomenti di Roberto Saviano. In un altro padiglione, tal Valeria Fonte rinuncia a presentare il suo libro per lasciare spazio a un dibattito con attivisti pro Palestina (sarà contenta la sua casa editrice, che lo spazio l’ha pagato), dopo gli scontri ai cancelli di sabato.
Troppa politica, insomma, che ha messo spesso in ombra altri aspetti del Salone. Che si conferma manifestazione amatissima dai giovani e, se bisogna trovare un parametro per il successo, vale l’affollamento nelle aree ristoro (specie all’aperto, fino a quando ieri non è arrivato il solito temporale da Salone), nonostante i prezzi non proprio popolari, che si aggiungono ai 22 euro del biglietto d’ingresso.
Promossi, a quanto pare, i servizi igienici, curiosità e apprezzamento per le “aree di quiete” nei padiglioni. Bocciata, come al solito, la copertura wifi, anche da parte di molti editori che hanno avuto problemi con i Pos. Guai anche per i firmacopie, specialmente là dove gli spazi sono stati ristretti per mettere più espositori.
A conti fatti, con meno politica e meno eventi trash (tipo Fedez), un Salone sempre più da promuovere, al di là dei bilanci. Che riporta d’attualità la consueta domanda: si riuscirà a investire per migliorare, o abbandonare, una struttura come il Lingotto ormai inadeguata? GL Events ci prova a cercare “soci” o partner. Il Comune risponde che non intende comprarlo. Insomma, il solito copione di ogni anno.
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