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DISORDINI

Adesso all'Università spunta una moschea "Pregate per il Jihad"

Dopo Palazzo Nuovo oggi si replica anche al Politecnico. La ministra Bernini furiosa con gli studenti dell'Intifada telefona al Rettore di UniTo per chieder spiegazioni

Adesso all'Università spunta una moschea "Pregate per il Jihad"

Ci mancava soltanto più la “moschea” e un bel “sermone di preghiera” per il Jihad. Dopo l’accampamento a Palazzo Nuovo spuntano i tappetini mussulmani rivolti alla Mecca. Non senza un imam, naturalmente, con tutto il suo apparato di litanie salmodiate che invocano l’Intifada. Solo l’ultima provocazione all’Università degli Studi di Torino dove gli occupanti hanno accolto Brahim Baya che ha parlato per circa mezz’ora rivendicando la sacralità della moschea Al Aqsa a Gerusalemme ma anche la «terra benedetta» di Palestina, descrivendo Israele come una «entità genocida» ed evocando una forma di «guerra santa» intesa come uno «sforzo per difendere vita, diritti e vera pace». Parole che hanno infiammato anche la ministra dell’Università, Anna Maria Bernini, che ha subito chiesto spiegazioni al Rettore di UniTo, Stefano Geuna. Il “magnifico” ha replicato che il fatto è avvenuto durante una occupazione studentesca evidenziando l’essenza «laica» dell’Università degli Studi. E c’è chi parla di «sottomissione islamica». I partecipanti scalzi, in terra seduti, le donne col velo. Baya non si scompone, anzi. Per oggi è attesa una sua nuova “visita”, stavolta al Politecnico, mentre lunedì prossimo tornerà a Palazzo Nuovo.  Insomma, sembra un vero e proprio palinsensto quello degli studenti dell’Intifiada che, tra l’altro, non conoscerà soluzione di continuità almeno fino all’inizio di giugno. Questo promettono gli occupanti. L’Università di Torino ha accolto «con soddisfazione» almeno l’interruzione del campeggio al Rettorato. Ad annunciarlo, quasi come una vittoria, lo stesso ateneo con una nota in cui si racconta la “resa spontanea” dei collettivi che, ieri mattina, hanno lasciato il Rettorato di via Verdi.  «Il dialogo, quindi, continua alla ricerca di una soluzione che coniughi l’esigenza di funzionalità degli spazi istituzionali e la loro piena agibilità, la ripresa delle regolari attività didattiche in presenza, laddove negate, con l’altrettanto giusta e necessaria libertà di espressione e di manifestazione democratica del pensiero». Rimosse le tende dal cortile dove, finalmente, potranno riprendere le normali attività e decine di lavoratori torneranno ai loro impieghi.

Non sarà così ovunque. Ad oggi, infatti, si contano dodici giorni di occupazione e lezioni “on line” tra studenti stufi di aver condizionate le proprie giornate «per una protesta che riguarda solamente una minoranza». Sempre ieri, poi, una ventina di militanti hanno improvvisato un nuovo corteo da Palazzo Nuovo alla Facoltà di Psicologia di Palazzo Badini per cercare nuovi accoliti. Obiettivo successivo l’Accademia Albertina con una breve sosta sul ponte Vittorio Emanuele, dove hanno lasciato appeso lo striscione: «Fuori la guerra da Torino, unisciti all’Intifada studentesca, blocchiamo tutto!».

Nel frattempo, un altro gruppo ha presidiato con un gazebo e diverse bandiere palestinesi fuori dalla sede di Ithaca e Avio in corso Castelfidardo. Le due aziende nel mirino dei Pro Palestina per «la produzione dell’Eurofighter Typhoon e la fornitura di dati cartografici utilizzati per respingere immigrati» come dichiarato dai manifestanti attraverso i loro profili social. Nel frattempo, un gruppo di studenti del Dipartimento di Matematica prende posizione e si schiera a favore della Palestina, esponendo alcune bandiere fuori dall’edificio. Nella serata di ieri, per finire, a Palazzo Nuovo, si è tenuta un’assemblea “aperta ai cittadini per sostenere studenti e studentesse” come recitava la locandina diffusa dagli “acampados”.

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