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L'INTERVISTA
06 Giugno 2024 - 05:45
Il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara
Il conto alla rovescia è cominciato: fra un paio di giorni chiudono le scuole in Piemonte. Lo sanno bene gli studenti, che hanno fatto da mesi un cerchio rosso sul calendario. Così come il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, che abbiamo incontrato subito dopo la presentazione del suo libro “La scuola dei talenti”. «Dobbiamo immaginare la scuola come un abito sartoriale, cucita su misura per ogni singolo ragazzo» ha spiegato placido il ministro alla platea di piazza dei Mestieri. Il tono poi si alza e Valditara si accende quando si parla di dispersione scolastica – materia in cui Torino tristemente primeggia, soprattutto in provincia – e in relazione agli atti vandalici sempre più frequenti tra i ragazzi nelle classi. «Sono gesti che non c’entrano nulla con la politica, il dibattito e il diritto di contestazione. È teppismo puro. Chi devasta la scuola deve risarcire i danni, secondo il principio “chi rompe paga”».
A questo proposito ministro, l’Ateneo torinese è occupato da settimane da manifestanti pro Palestina. Ritiene che si dovrebbe intervenire diversamente da come sta facendo il rettore Geuna?
«Penso che quello allo studio sia un diritto costituzionale che deve essere sempre garantito. Impedirlo è una violazione grave».
Cosa direbbe ai ragazzi che occupano?
«Invito tutti i giovani ad essere responsabili e solidali nei confronti di chi vuole studiare, ha pagato le tasse universitarie e vuole costruirsi un futuro. Dopodiché è evidente che saranno le autorità accademiche a decidere come garantire il diritto allo studio».
Parliamo di dispersione scolastica?
«Partiamo dai dati per fare una riflessione scientifica. Analizzando i numeri a nostra disposizione, ho scoperto che il problema della dispersione scolastica è molto diffuso al nord Italia. Al contrario di quanto credevo».
Qual è la situazione a Torino?
«A Torino la dispersione scolastica ha punte superiori a quelle della Campania. C’è un disagio sociale molto evidente. Da qui nasce “Agenda Nord”»
Cosa prevede?
«Sono 220 milioni destinati alle scuole delle periferie delle grandi città. Partendo dalle elementari. Si parte da circa 24mila euro, fino ad arrivare a oltre 80mila per istituto. Interverremo su oltre 200 istituti».
La accusano spesso di razzismo quando fa distinzioni tra studenti italiani e stranieri.
«Anche in questo caso, a parlare sono i dati: oltre il 30% degli stranieri di prima generazione sono vittime di dispersione scolastica».
E quindi?
«È come dire che un terzo dei ragazzi stranieri non ha futuro. Razzista è chi abbandona questi giovani al loro destino. Io invece propongo un potenziamento dell’insegnamento della lingua italiana. Formeremo docenti appositamente preparati per insegnare la lingua italiana per chi arriva nel nostro paese e non la conosce».
Ecco, come la mettiamo con gli insegnanti? Si respira un clima di generale malcontento. In particolar modo tra chi è precario da anni.
«Io giro tanto per le scuole e trovo insegnanti appassionati, preparati e coinvolti. C’è anche qualcuno che non è degno del suo ruolo, ma sono pochi. Invito i pochi a essere consapevoli che la professione del docente richiede autorevolezza e rispetto. Le racconto un aneddoto».
Prego.
«Un giorno un docente mi chiama e mi dice che una ragazza ha acceso il cellulare in classe mentre spiegava ed è partita la musica. L’insegnante allora le ha chiesto, per cortesia, di spegnere perché disturbava i compagni. Lei ha risposto di no. Alla seconda richiesta della professoressa, la ragazza le ha detto chiaramente: “Io non riconosco la sua autorità”. A quel punto l’insegnante è andata dalla preside, che a sua volta le ha detto “Faccia quello che può”. Questo è il principio della deriva della scuola».
Parliamo di intelligenza artificiale. Fa parte della vita di tutti ormai, che impatto ha sulla scuola?
«L’intelligenza artificiale è una straordinaria opportunità, utile per personalizzare l’insegnamento. Dobbiamo immaginare che il docente possa modellare la sua didattica in base alle esigenze dei singoli studenti. Anche per i ragazzi può essere utile per verificare il proprio percorso di apprendimento».
Molti insegnanti hanno paura che - in qualche modo - l’intelligenza artificiale possa sostituirli.
«Non potrà mai sostituire il docente. L’intelligenza artificiale dovrà sempre essere guidata degli insegnanti, che andranno adeguatamente formati. La scuola è, e resta, una comunità umana. Alla base di tutto c’è il rapporto fra docente e studente, che è irrinunciabile. L’intelligenza artificiale può essere utilizzata, fra le altre cose, anche per venire incontro alle esigenze dei ragazzi con disabilità. Non a caso sono stati stanziati 25 milioni per il potenziamento della didattica per ragazzi ipovedenti e ipoudenti».
Mi conceda una domanda provocatoria. A cosa è servito cambiare il nome del Ministero e aggiungere l’elemento del merito?
«È una scelta condivisa dalla premier e da tutto il governo. In ogni caso, è stato un segnale molto importante per far capire che la società italiana deve fondarsi su un valore costituzionale. Oltretutto io intendo per merito il dare il meglio che ciascuno può offrire con l’impegno. Non significa raggiungere risultati di eccellenza astratta. Quella sì che sarebbe una visione aristocratica e limitante».
E cosa comporta concretamente?
«Partiamo dal presupposto che la scuola costituzionale deve mettere lo studente al centro. Può sembrare scontato, ma le assicuro che non lo è. Ho portato in Consiglio dei Ministri una norma che consente ai genitori di richiedere la continuità con il docente precario di sostengo. Per un ragazzo con disabilità interrompere quel rapporto è spesso un trauma. Questo vuol dire mettere la figura dello studente al centro. Ho ricevuto molte critiche per questa misura, ma vado avanti. La scuola dei talenti ribalta la scuola piramidale della riforma Gentile. Non era una riforma fascista».
Cosa intende?
«Corrispondeva allo spirito hegeliano dell’epoca. Al vertice c’era il liceo classico, sotto lo scientifico. Lo stesso Benedetto Croce diceva che gli umanisti avrebbero governato. Le intelligenze invece sono tante e tutte di pari dignità. Tutti i talenti vanno valorizzati. Per questo bisogna personalizzare la scuola, da qui la mia idea del docente tutor».
Il mondo del lavoro e delle imprese sembrano non parlarsi. È immaginabile un modello pubblico – privato per sopperire alla mancanza di figure professionali qualificate?
«Da qui al 2027, il 47% dei posti di lavoro rischia di non essere coperto per mancanza di qualifiche. Dobbiamo puntare sull’educazione tecnica-professionale. Investiamo sugli Istituti tecnici professionali. Solo così ci prendiamo carico della competitività del nostro sistema produttivo e valorizziamo i talenti».
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