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IL REPORTAGE
06 Luglio 2024 - 19:18
Direzione Padiglione E - Arcobaleno. Ovvero l'area dedicata ad un ramo specifico di detenuti: quelli con problemi di tossicodipendenza e coloro che usufruiscono del regime di semilibertà previsto dall'articolo 21 dell'ordinamento penitenziario. Questo articolo consente ai detenuti di svolgere attività lavorative, di istruzione o di trattamento all'esterno dell'istituto penitenziario durante il giorno, rientrando in carcere alla sera. E' in quel padiglione che si terrà una cerimonia molto particolare: il Battesimo evangelico. Ma a riceverlo saranno alcune donne: appena entrati dentro Arcobaleno, è immediatamente chiaro perchè per un momento così importante la scelta del luogo sia ricaduta su quel padiglione. Le porte sono verde petrolio, ai muri ci sono quadri colorati.
C'è un pianoforte e sopra questo una frase dipinta a mano, di Escher: "A seconda di dove si guarda, possiamo diventare liberi o chiuderci in gabbia con le nostre mani". I muri dei corridoi sono colorati da disegni bellissimi, tutto è ordinato. C'è molta luce che passa dalle finestre.
Pantalone e blusa bianchi. Capelli raccolti, un asciugamano a testa. Una piscina da giardino celeste, in una stanza che con i suoi mattoni a vista oggi diventa luogo di celebrazione evangelica: ci troviamo in carcere. qui 7 donne detenute stanno per ricevere il Battesimo. A organizzare e celebrare, l'Associazione "Brothers keeper ministry": è un evento di cui nessuno ricorda precedenti. Mary, Angela, Maria, Alessia, Raffaella, Ramona e Batashka sono sedute in prima fila, dietro di loro ci sono alcune amiche che le accompagnano in questo giorno così importante.
A turno, si avvicinano alla vasca e prima di entrare prendono il microfono in mano per qualche secondo. Raccontano le loro emozioni, quasi tutte piangono. Per la Chiesa Evangelica il battesimo rappresenta un momento di rinascita e assoluzione dal peccato. Le donne lasciano quindi li, fuori dalla vasca, gli ultimi pensieri di un passato turbolente. Poi entrano in acqua: qualche parola di rito, e i pastori le immergono con la testa in acqua, tenendole per le braccia, accompagnandole dolcemente. Quando riemergono, tutte sorridono: avvolte negli asciugamani, vanno a cambiarsi in uno stanzino predisposto per poi tornare con le altre.
"Ho passato 24 anni a farmi di crack. Ho fatto un sacco di errori a causa della droga. Gesù mi ha scelta: io non ricordo nemmeno come ci si senta a sballarsi. E' come se avessi avuto un black out" racconta Mary in lacrime. "Sono fiera di te" le urla dall'altra parte della stanza la sua migliore amica. Poi corre ad abbracciarla. Un abbraccio lungo, entrambe piangono a dirotto. Si sono conosciute qui.
Alessia invece è appena arrivata dai nuovi giunti: a fine mese avrà un'udienza che potrebbe cambiare la situazione. "Sono accusata dal mio ex, da cui sono separata, di avere maltrattato i nostri figli. Li ascolteranno in aula a breve. Due anni che lotto e mi sentivo persa, senza speranze. Il Signore mi ha tolto un peso di dosso. Ora riesco a continuare nella mia battaglia, ma in modo sereno". Poi c'è Batashka, in galera da 11 mesi: "Ho perso i miei genitori e ho avuto un momento dove mi sono sentita smarrita, completamente sola, questo mi ha portata a sbagliare ed eccomi qui. Ma adesso mi sento una persona pulita, nuova. Mi sento a casa". Ramona è commossa e rimpiange di non avere con se il figlio in un momento cosi solenne. Lei voleva pregare anche prima di finire in carcere, ma quando andava in chiesa suo marito si arrabbiava: "pensava avessi l'amante e che uscissi con una scusa, quindi mi riempiva di botte appena rientravo a casa: ora sono in pensiero per mio figlio che è solo, è disabile e io sono qui mentre vorrei occuparmi di lui". Angela benedice di essere stata arrestata: "Non avrei mai conosciuto Dio altrimenti".
Al termine della cerimonia, come da consuetudine, i battezzati si avvicinano ai loro "accompagnatori". Per ognuno che riceve il battesimo, infatti, c'è una persona in particolare che ha svolto una funzione di guida. Alcuni si abbracciano, altri restano vicini, e altri ancora si appoggiano con la fronte all'altro. Pregano insieme. È un momento di intimità fortissima a cui assistere.
Secondo il culto evangelico, c'è un piano divino per ognuno di noi. Salvatore e Daniela, i fondatori di Brothers Keeper, a fare volontariato con i detenuti ci sono finiti per caso. "Arrivò una lettera non a me indirizzata, probabilmente uno sbaglio. Era il 1990. Anzichè cestinarla la rispedii al mittente, un ragazzo che si trovava nel carcere di Biella: aggiunsi qualche riga. Cominciammo una corrispondenza" racconta la donna. Adesso sono in 25 a offrire volontariato qui alle Vallette: le loro iniziative sono atte a sensibilizzare l'opinione pubblica, recuperare mediante la predicazione del Vangelo gli individui, socialmente e spiritualmente parlando, reinserire, una volta scontata la pena in carcere, attraverso la ricostruzioni dei rapporti familiari il lavoro, la casa ed il rapporto con la società e intermediare in uno spirito di perdono e pentimento, tra vittima e criminale. Al momento hanno all'attivo cinque case di accoglienza residenziale per persone in misura alternativa alla detenzione: l'Associazione è inoltre accreditata presso il tribunale di Torino per i lavori di pubblica utilità. Come ne vengono a conoscenza i detenuti? "Il passaparola è ancora il modo più facile per far si che ci conoscano" spiega Salvatore, emozionatissimo dopo la mattinata. Sul lavoro della sua associazione è in preparazione un libro: questo ripercorrerà gli oltre 30 anni di storia dell’associazione Brothers Keeper di Torino, dalle prime visite in carcere di Daniela, con Salvatore che non voleva assolutamente entrare, alle storie dei primi detenuti ai domiciliari ospitati in casa loro, passando per i momenti in cui avrebbero voluto mollare tutto, ma anche quelli in cui la soddisfazione di vedere vite trasformate e ricostruite ha rappresentato una molla per andare avanti, oltre ogni ostacolo e barriera.Poco dopo Salvatore va ad abbracciare le donne che ha battezzato poco prima. E' il momento delle foto ricordo: lui, i volontari e le detenute battezzate, insieme ad altre che si sono avvicinate in queste settimane, un misto tra curiosità e bisogno di speranza. Tra chi ha ricevuto il battesimo e chi è qui per accompagnare le amiche e passare insieme un momento importante, vi saranno una trentina di donne.
Alcune di loro si mettono in posa per essere fotografate, altre ne sono consapevoli ma non guardano in camera: si lasciano ritrarre in modo naturale, mentre piangono, mentre si abbracciano. Qualcuna legge il Vangelo, altre pregano.E firmano le liberatorie; quelle necessarie per fornire il consenso all'utilizzo delle immagini. Un gesto banale che in un contesto simile assume tutt'altro significato: scelgono, sono libere di farlo. Si avvicina un gruppo di tre donne che si mette davanti all'obiettivo"Scusa, tu fai le foto per un giornale?" Alla risposta affermativa viene chiesto se il giornale sia anche disponibile online, da tutti. "In tutte le parti del mondo? Allora per favore, facci una foto"
Poi, una di loro spiega il perchè di questa richiesta. "I nostri figli sono lontani e non possono venire a trovarci, qui non abbiamo i videotelefoni. Chissà che magari riescano a vederla, a vederci che stiamo bene". Chissà se la vedranno. In fondo, provare e sperare non costa nulla: siamo tutti liberi di farlo".
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