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Fondazione Quarto Potere
17 Luglio 2024 - 16:40
"Gaza Underground" di Claudio Bertolotti
La striscia di Gaza sta vivendo un conflitto, la cui dinamica è a noi ignota, lontana dal mondo della superficie: la guerra sotterranea. Una guerra nascosta ai nostri occhi ma che fonda questo nuovo tipo di combattimento strategico degli uomini di Hamas: 500 chilometri di tunnel, sfruttati per penetrare nel territorio israeliano. «È quello che sta facendo Hamas in questi mesi: spostarsi a mano a mano che la progressione dell'avanzata israeliana si sposta in avanti, per poi superarli e spuntare alle spalle per colpirli», racconta Claudio Bertolotti, esperto di strategia e terrorismo, alla presentazione del suo ultimo libro "Gaza Underground".
Tenutosi martedì pomeriggio, l'evento è stato occasione di riflessione non solo sulla dinamica della guerra israelo-palestinese, ma di analisi di quella nuova dimensione sotterranea caratterizzante il conflitto. "Gaza Underground" è un libro che esplora la terra nascosta, partendo dalle origini del tunnel, e come Hamas li abbia trasformati in uno strumento chiave della propria strategia militare, svelando le sfide, le strategie e le conseguenze di questo conflitto invisibile.
L'incontro, patrocinato dall'associazione Rinascimento Europeo e dalla Fondazione Quarto Potere, ha reso omaggio a uno dei massimi esperti nel campo della sicurezza e della strategia militare. Bertolotti, ricercatore associato all’Ispi e direttore di Start InSight, ha ricoperto il ruolo di capo sezione contro-intelligence della missione ISAF in Afghanistan e attualmente collabora con numerose istituzioni nazionali e internazionali su temi di Difesa e Sicurezza.

A introdurre l'evento Massimo Massano, presidente della Fondazione Quarto Potere ed editore di TorinoCronaca, media partner dell'iniziativa. È intervenuto anche Maurizio Marrone, assessore delle politiche sociali alla Regione: «Un'analisi fondamentale. Pensiamo a quanto i conflitti attuali pesino sull'interesse nazionale e quanto tutto questo impatti sugli aumenti dei costi. Spesso le radici possono arrivare da questo genere di conflitti».
«C'è la possibilità di un'uscita diplomatica?» chiede Stefano Commodo, padrone di casa e portavoce dell'associazione Rinascimento Europeo. «Hamas è un'espressione della Palestina che ha dimostrato nel corso degli anni, in particolare negli ultimi mesi, di non voler alcun tipo di dialogo negoziale, nonostante in numerosi tentativi», spiega Bertolotti, «Ha tutto da guadagnare nella prosecuzione del conflitto. E lo fa attraverso una capacità estremamente raffinata di comunicazione strategica che coinvolge l'opinione pubblica a livello globale riuscendo a polarizzare il dibattito sul futuro della Palestina e addirittura l'esistenza stessa di Israele. Per questo il dialogo tra le parti non ha le basi su cui essere fondato. Credo, per forza di cose, con la simpatia o antipatia che si possa averne nei confronti di chi oggi guida il governo israeliano (Primo Ministro Netanyahu), si debba prendere coscienza che qualunque soluzione negoziale non possa che passare attraverso il risultato militare».

Ad arricchire il dibattito, anche il generale Luigi Chiapperini del Centro Studi dell'Esercito, che ha elogiato il lavoro di Bertolotti sull'importanza della cultura della difesa. «È stata dimenticata per troppo tempo, eppure i conflitti continuano a scoppiare. In particolare questo conflitto ha delle peculiarità: potrebbe essere il primo conflitto, prevalentemente nella dimensione terrestre, che ha anche una sottodimensione molto importante». Hamas è un nemico invisibile. Innanzitutto non si riesce a vedere perché suoi uomini non utilizzano uniformi che li distinguano dalla popolazione civile. E poi sfruttano la dimensione sotterranea che ha un'estensione di circa 500 chilometri sotto la striscia di Gaza, i cui centri di comando sono prevalentemente in corrispondenza di scuole, moschee e centri di ritrovo e ricovero. Dunque, i civili sono gli scudi umani di Hamas.
Un secondo aspetto centrale che è stato trattato all'incontro, è la strategia comunicativa. Bertolotti ha spiegato: «Hamas, sostenuto per lo più da organizzazioni non governative soprattutto a livello regionale, utilizza una comunicazione strategica che sposta l'attenzione sulla responsabilità del conflitto, indicando Israele come il responsabile. Così tutta l'opinione pubblica viene influenzata. Lo si è visto, ad esempio, con la notizia, a ottobre 2023, dell'ospedale bombardato da Israele che ha portato a 500 vittime. quell'informazione ha portato alla mobilitazione di masse di giovani arabi davanti alle ambasciate israeliane del territirio con azioni violente e dimostrative. Ebbene quell'attacco non è mai avvenuto: nessun ospedale è mai stato colpito in quella circostanza. Soltanto un episodio marginale, di un razzo caduto in un parcheggio che ha provocato alcuni feriti. Eppure quell'informazione è stata veicolata e percepita da tutti i media a livello globale, compresi quelli italiani, ha presentato una notizia inesistente come vera».
Viene da chiesersi se palestinesi di Gaza, invece, sostengano ancora Hamas. «È difficile dire quanto i palestinesi sostengano ancora Hamas». Dove è tornato a controllare parte del territorio urbano e periurbano, racconta Bertolotti, Hamas ha avviato una campagna di reclutamento: molti giovani, 16enni, 17enni e 18enni, hanno risposto alla sua chiamata. Lo scenario futuro è quello, dunque di una generazione molto giovane, cresciuta con la guerra, temprata dalla guerra, guerra in cui probabilmente ha perso parte della sua famiglia, e che quindi andrà ad alimentare un conflitto ulteriore sempre più acceso di cui è difficile prevedere il magnitudo.
«Il futuro di Gaza in un periodo post-conflittuale? È una vicenda complessa, storicamente articolata e che, guardando il futuro con sano realismo, non promette nulla di buono» conclude l'autore.
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