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CARCERI

Ferrante Aporti, 15 indagati: la rivolta scoppiata per colpa del “fumo”

Un piano che sembra studiato nei particolari per spingere gli agenti penitenziari a farli scendere tutti insieme al piano terra. Ecco com’è andata quella notte

Ferrante Aporti, 15 indagati

Il Ferrante Aporti devastato dopo la sommossa del 1^ agosto

Sono 15 gli iscritti sul registro degli indagati per la rivolta del carcere minorile di Torino Ferrante Aporti del 1° agosto. I reati ipotizzati sono devastazione per alcuni e per altri resistenza a pubblico ufficiale e singoli episodi di violenza. La Procura aveva aperto un fascicolo subito dopo la sommossa che aveva coinvolto tutti i giovani 52 detenuti che si trovavano all’interno dell’istituto penitenziario.

Un’indagine che non è ancora conclusa e altri nomi potrebbero aggiungersi a quei 15 nei prossimi giorni: nel frattempo, in parallelo, la magistratura ordinaria procede con la sua inchiesta, con un fascicolo contro ignoti e riguarda le azioni che avrebbero compiuto i giovani adulti del Ferrante Aporti, che hanno un’età comprese tra i 18 e i 25 anni e che stanno scontando pene inflitte loro quando erano ancora minorenni.


Intanto con il passare dei giorni emergono nuovi dettagli e particolari sulla rivolta: la ricostruzione dei fatti dal principio racconta di come tutto sia partito in una delle tre sezioni al primo piano con un lenzuolo bruciato: gli agenti di polizia penitenziaria spostano i detenuti per evitare le intossicazioni e nel mentre nelle altre sue sezioni ripetono lo stesso meccanismo.

Tre roghi in pochi minuti. Questo porta gli agenti, nove al lavoro in quel momento tra cui due donne e diversi appena entrati in servizio, a radunarli e farli scendere tutti insieme; qui il fallimentare tentativo di evasione di massa.
Poco dopo alcuni detenuti si impossessano del mazzo di chiavi e chiudono fuori gli agenti.

Per due ore, i ragazzi sono padroni del penitenziario. Demoliscono uffici, spaccano monitor e devastano gli spazi comuni. Ricavano spranghe e bastoni di fortuna, bruciano libri e documenti. Poi entrano negli uffici della direzione, come si vede nel video che hanno diffuso su Tik-Tok: scassinano una cassaforte dove era riposto del denaro e del fumo, un etto di hashish sequestrato poche ore prima dagli agenti penitenziari e che sembrerebbe il motivo per cui è scoppiata la rivolta.

Alla fine della sommossa, quando le acque si sono calmate, né i soldi né il fumo sono stati ritrovati.

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