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I guai di Stellantis
20 Agosto 2024 - 07:10
Adesso John Elkann diventa l’alleato dei sindacati. Perché, dopo le accuse della Uwa, l’unione dei lavoratori dell’automotive negli Usa, a Carlos Tavares («Il problema non sono i lavoratori, ma è lui. Vuole tagliare i lavoratori e la produzione per ottenere più profitti»), si muovono gli italiani. Rocco Palombella, della Uilm, dice che «la situazione del gruppo è sotto gli occhi di tutti: cassa integrazione, le fabbriche faticano, avanti così non si può procedere». E dunque spiega che «il presidente di Stellantis, John Elkann, per di più italiano, deve fare chiarezza e prendere delle decisioni».
Oltre che italiano, Elkann è anche Cavaliere del lavoro. E Palombella già si era rivolto a lui, quando Tavares aveva lasciato intendere che si potesse vendere Maserati. Dichiarazioni poi rettificate (per l’intervento di Elkann, si dice). Il padrone alleato dei sindacati contro l’amministratore delegato sarebbe certo uno scenario inedito, persino per la ex Fiat, dove al limite poteva esserci l’amministratore delegato imposto dal creditore (vedi Romiti con Cuccia alle spalle), che si permetteva di silurare il fratello del padrone (Umberto Agnelli). Inedito e improbabile. A meno che il consiglio di amministrazione di Stellantis non decida di far saltare il banco (dopo i profitti record che Tavares ha garantito?).
Anche Landini, della Cgil, se la prende con l’amministratore delegato (peraltro su un giornale del gruppo Gedi, ossia di John Elkann), ma quello passato (a miglior vita), ossia Sergio Marchionne: parlando della chiusura di Termini Imerese dice che all’epoca la Fiat sosteneva che «investire nell’elettrico era sbagliato». Quindi Marchionne sbagliava. O Landini non si è mai confrontato con Giorgio Airaudo, della Fiom, che. riferendo tempo fa di una conversazione con Marchionne (che non può smentire), riportava questa frase del manager: «L’azionista non mi darà mai fondi per l’auto elettrica». L’azionista, ossia gli Agnelli/Elkann, non è che ci fosse qualcun altro.
Landini però attacca oltre confine, perché «ora la proprietà è anche francese e utilizza meno della metà della sua capacità produttiva in Italia». Quindi, i cattivi sono i francesi. Che in realtà, avendo dalla loro lo Stato azionista, sono gli unici che potrebbero fare pressioni nel cda. Anche contro il ceo (se a fine anno i profitti caleranno, non certo per i lavoratori).
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