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Ambiente

Caldo e detriti (e turismo), così muore il Mare di Ghiaccio

La perdita di spessore del ghiacciaio è aumentata in maniera preoccupante in soli due anni

Caldo e detriti (e turismo), così muore il Mare di Ghiaccio

Alte temperature, detriti, la "spazzatura della montagna": sono questi i fenomeni che stanno facendo morire, a poco a poco, il Mare di Ghiaccio, uno dei ghiacciai più imponenti dell'arco alpino. Una agonia lenta, dicono gli ambientalisti, che però negli ultimi anni ha registrato una accelerazione preoccupante. Vediamo in che modo.

Il Mare di Ghiaccio è il Mer de Glace, a 4.100 metri di quota, a nord del Monte Bianco. Uno dei più importanti ghiacciai in Francia. Dal 1850 è cominciata la fase di regresso: secondo le stime, ha perso circa 300 metri di spessore, di cui 190 soltanto negli anni '90 del secolo scorso, mentre - ed è qui il dato allarmante - nel giro di due anni tra 2022 e 2023 ha perso ben 30 metri di spessore. E il suo fronte è arretrato di ben 2,7 chilometri. 

Sono i numeri resi noti dalla campagna di Carovana dei ghiacciai 2024 di Legambiente, in collaborazione con Cipra Italia e la partnership scientifica del Comitato Glaciologico Italiano. L'obiettivo della campagna è il monitoraggio dello stato di salute dei ghiacciai alpini, in Italia e anche oltre confine.

Oggi la superficie occupata dal ghiacciaio è scesa sotto i 30 chilometri quadrati, un'area che rappresenta comunque il doppio della superficie del ghiacciaio dell’Adamello, il più grande in Italia. Dove, negli ultimi 60 anni, è andata persa circa il 30% della massa dei ghiacciai alpini, ossia 200 chilometri quadrati. 

Sul ghiacciaio francese, da decenni si registra anche un progressivo aumento della copertura detritica, ossia di frammenti rocciosi che affiorano o si accumulano sulla superficie del ghiacciaio per effetto della sua contrazione e per l’aumento dei crolli di roccia dalle pareti circostanti. Crolli che aumentano, come in circolo vizioso, proprio a causa dell'aumento della instabilità delle morene e delle pareti rocciose della valle. L'aumento della copertura di detriti, inoltre, secondo gli esperti "sporca" il candore del ghiacciaio, esponendolo maggiormente all'azione del calore.

Quanto all'effetto del cambiamento climatico, dal 1930 a oggi a fronte di un aumento di 1,7°C di temperatura c’è stato un recente aumento di crolli di pareti rocciose nel settore del Monte Bianco: 12 in media all’anno nell’intervallo tra il 2000 e il 2010, mentre nel periodo 1940-1950 erano in media solo 5. In particolare, nella zona del Drus e delle Aiguilles de Chamonix , sul totale dei crolli avvenuti dalla fine del 1850 più dell'85% è stato registrato dagli anni '90 fino ad oggi, quindi in appena 3 decenni. 

Secondo Vanda Bonardo, responsabile nazionale Alpi di Legambiente e presidente di Cipra Italia, la Mer de Glace "se da un lato ci ricorda che occorre cambiare rotta al più presto con forti politiche di mitigazione, dall'altro richiama l'attenzione sulla necessità di impellenti strategie di adattamento anche in alta quota, di nuove forme di turismo, ma anche di tutela dell'alta montagna. Questi sono alcuni degli aspetti che andrebbero affrontati con un percorso di governance internazionale per le alte quote con la particolare attenzione agli ecosistemi glaciali”.

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