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Intervista a Ugo Nespolo

Un monello futurista, un convegno su Jung, una mostra nella bufera alla Gnam

Con un sincero appello al ministro Gennaro Sangiuliano

Un monello futurista, un convegno su Jung, una mostra futurista

Una gradita precisazione sull'intervista
A integrare l'intervista rilasciata a Walter Altea di TorinoCronaca, Ugo Nespolo, riconoscendosi esclusivamente nelle sue dichiarazioni virgolettate, tiene a precisare che le preoccupazioni da lui espresse riguardo al successo della futura mostra Il Tempo del Futurismo in via di preparazione presso la GNAM di Roma hanno un intento costruttivo e non mettono in alcun modo in discussione il suo pieno apprezzamento verso le capacità professionali del Curatore dott. Simongini e della Direttrice della Galleria d.ssa Mazzantini. Le critiche emergenti nell'articolo vengono correttamente attribuite a circuiti artistici di cui il Maestro non fa parte.


E' una bella avventura intervistare questo Peter Pan, perenne ragazzaccio a prima vista sempre allegro. Impresa, però, giornalisticamente piuttosto complicata, perché se pensi che Ugo Nespolo, monello futurista che da decenni calca la scena dell'arte italiana e mondiale, ti apparecchi ad un'ora prestabilita il menu prelibato della star, con gusti morbidi e digeribili, hai sbagliato ristorante. Intervistarlo nel senso classico è impossibile, ti trovi catapultato in un tre stelle Michelin dove l'esaltazione del gusto, il violento contrasto dei sapori, la sfida all'ovvietà fino all'odio dichiarato per i "prudentes" di arte, letteratura, creatività, insomma cultura, sono solo l'antipasto servito in tavola da uno chef alquanto inusuale.

 Tanta è la sua velocità di eloquio, tante sono le frasi taglienti, pronunciate però con quel suo "ingenuo" sorriso infantile, tanta è la sorprendente acutezza di alcuni pensieri che mette in fila apparentemente in modo caotico, improntato invece ad una logica quasi aristotelica, tanta è la sorpresa che, insomma, l'intervista si trasforma per lo scrivano in scoppiettante esperienza intellettuale. Già, nei fatti Nespolo non è solo un Artista seducente. Non risulta difficile definirlo un grande pittore, scultore, creativo. E sembra proprio uno che studia con scrupolosità sabauda, è pistino si dice da queste parti. Ma oltre a tutto ciò si configura, e lui potrà negarlo fino alla morte ma lo è, come un soggetto "politico" a tutto tondo: dietro al suo estro subalpino che gli fa dire sempre la sua senza peli sulla lingua c'è una arguzia interiore che trasmette un qualcosa di non esclusivamente dialettico. E' una dimensione prepolitica, ma diventa una visione politica. Colorata, sbarazzina, acuta, visibilissima anche se sapientemente mascherata dietro il volto di un ragazzetto amabile che recita la simpatica parte del dilettante. Sa piacere molto il nostro amatissimo Ugo, che ha grande capacità di ben relazionarsi anche con i critici più malevoli. È indiscutibilmente forte, il nostro eroe! Non ha tratti provinciali, nonostante un lontano accento tra il parigino e il biellese ma si fa capire benissimo anche a Porta Pila.  Ricordiamo che ha operato con le avanguardie della fine degli anni sessanta e dei settanta del secolo scorso e ha lavorato con i personaggi del New American Cinema. Gente del calibro di Jonas Mekas, Andy Warhol, Yoko Hono e P.Hadam Sitney. È lui che racconta: “Warhol sembrava, come dice anche il mio amico gallerista Gian Enzo Sperone, un uomo insignificante... veniva a cena da me a Manhattan con Mick Jagger... era interessante, si rideva parecchio. Andy però aveva una notevole intelligenza sul futuro e preconizzava (non a torto, possiamo dirci oggi): i supermercati saranno i musei e i musei saranno anche dei supermercati". Nespolo ha bazzicato tra l'altro, in Italia ed in ogni dove, anche una valanga di intellettuali (certamente molti veri, e con ogni probabilità parecchi solo presunti e sedicenti, dato l'humus dominante sotto ogni latitudine, con forme esasperate di politicizzazione dell'arte e poi dell'imperante attuale wokismo). E' stato grande amico del francese Jean Baudrillard, un filosofo, un irregolare del pensiero, uno dei primi a stigmatizzare la società del consumo e in seguito della comunicazione, sulla quale si consultava con Marshall Mc Luhan, quello che il medium è il messaggio. Stiamo dunque parlando con una certa qual malcelata ammirazione di un personaggio che oltretutto ha ricevuto una laurea Honoris Causa in filosofia dall’Università di Torino. Quindi non dobbiamo stupirci se viene invitato, insieme ad altri cattedratici stranieri e italiani, come relatore al prestigioso convegno della Fondazione Eranos, Tagung 2024 “ L’EPOCA DELLA COSCIENZA SPAESATA. INCERTEZZE DEL TEMPO E ANSIA DEL FUTURO” che si terrà dal 5 al 7 settembre ad Ascona (Svizzera), dove Carl Gustav Jung negli anni trenta fu animatore delle Eranos Tagungen. "Sì - afferma con sorriso complice Ugo, convinto speranzosamente di dialogare con un cronista cresciuto a pane e Jung - Questo è un tema che a me interessa molto, che ho studiato con attenzione". Ci tocca doverosamente annuire , pur senza far intendere di non essere affatto conoscitori del grande psicoanalista antifreudiano, se non nell'aver facilmente individuato in Nespolo l'archetipo Junghiano del Mago - vedasi l'omonima Casa di Depero - tipologicamente estroverso.

 E qui trascriviamo testualmente dai nostri appunti - mal stenografati ma che danno alle parole di Nespolo un ritmo quasi celiniano, visto il suo dialogare a raffica e senza pause verbali o nostre possibili punteggiature - per non perdere neanche una sillaba dell'emozione e del vivido seppur disilluso entusiasmo che esplode dalle sue parole:

"Vivere in disincanto... cioè sembrerebbe che noi artisti, lontano da quello che è capitato dopo la fine della modernità, dopo la fine della post modernità... ma non solo gli artisti ma anche gli intellettuali, viviamo in questa condizione… mancando, per gli artisti, le grandi avanguardie come il futurismo, il dadaismo, il surrealismo... erano avanguardie basate sulle teorie, quindi avevano una traccia da seguire... che era poi lo spirito del mondo dell’epoca...il futurismo ha senso perché? Gli autori... e Marinetti credeva che la velocità fosse un tema dirompente, che l’automobile in corsa era meglio della Nike di Samotracia… oggi invece, nel tema delle avanguardie, sono scomparse le teorie critiche, ormai abbiamo delle parodie delle teorie critiche... se ci leggiamo i manifesti delle avanguardie storiche, i futuristi in particolare, sì sono criticabili, attaccabili... però mostrano una sicurezza che gli artisti seguivano, se c’era... quello che si chiama lo spirito Chample, quello che i tedeschi chiamano lo Zeitgeist, lo spirito del tempo. Oggi, cosa rimane agli artisti di oggi? Rimane poco, rimane un clima di spaesamento... No no! dico di disincanto...perché vivere i temi delle avanguardie era comodo, era una specie di incantesimo, magnifico. Tu se eri un futurista, anche tardo futurista, vivevi di quei temi lì no? Quindi avevi la possibilità di lavorare di seguire di creare...se si pensa ai manifesti del futurismo dove gli artisti volevano cantare l’amore per il pericolo, l’energia, la temerarietà, la velocità o a quelli del surrealismo per l’automatismo psichico puro, per mezzo del quale ci si propone, le controparti sopravvenute in seguito sono le neoavanguardie con i loro manifesti ridicoli come quelli dell’Arte Povera, ci son stato in mezzo, sono scappato, ideologia, storie di bassa politica...boh, basta".     Benemerito allora Ugo Nespolo, potente umanista! Fa oggettivamente godere lo scrivente sentirgli pronunciare con tanta veemenza la sua presa di distanza dallo sciame delle api degli alveari rossi e sentirlo rivendicare la sua fuga, già in anni difficili, dal sistema o, meglio, dal recinto, anche violento, realizzato prima dal PCI e poi dai suoi immarcescibili eredi di un'egemonia assai poco gramsciana e per nulla culturale ma di puro potere. Politica a parte - sono riflessioni solo di chi scrive - in questa epoca di spaesamento, di disincanto così puntualmente descritto, Nespolo pare davvero non gradire questa sedicente arte contemporanea che chi qui intervista personalmente detesta. Lui vede gli artisti afflitti da una sorta di Durkheiminiana anomia, una selvaggia anarchia priva di regole e di valori condivisi.

 "Con la fine delle avanguardie -  sostiene - inizia la prevalenza del mercato"  e l’arte che era, per sua stessa natura, uno strumento di sovversione e di proposizione di nuovi spazi di libertà creativa e di pensiero viene addomesticata al servizio di mercanti, galleristi, case d’asta, direttori di musei, critici e di tutto il milieu, a volte opaco, che gravita in questo mondo. Nespolo ci si mette in mezzo di brutto, analizza l’essenza stessa del fare artistico e rifugge l’idea che lo scultore, il pittore o lo stesso intellettuale sia solo un talentuoso artiere che opera su strade indicate da critici, teorici e aggregatori che inventano correnti a tavolino e dove l’opera d’arte è più opera del teorico che dell’artista che la crea.Non fa troppi nomi, il nostro, ma i suoi giudizi sono netti, quasi scolpiti. Uno dei rari esempi che fa è l’invenzione della Transavanguardia di Bonito Oliva, che traccia un percorso inverso al formarsi delle Avanguardie, in cui erano gli artisti che creavano il movimento ed i loro manifesti pregni di progettualità e coscienza artistica, mentre i critici svolgevano solo il loro lavoro di analisi e di studio. "No!" - quasi grida Nespolo, pur con il suo tono gentile "con la Transavanguardia è Bonito da critico che ha creato un movimento innaturale, assemblando paradossalmente gli artisti, quasi rendendoli, da soggetti, dei semplici oggetti passivi, sulla base di una teoria elaborata a monte da lui stesso... e no e no, non va bene non va proprio bene'' ci dice, ci sembra ragionevolmente, il futur-modernista-tradizionalista Ugo, combattivo come un giovane capellone sessantottino, quale forse, fondamentalmente, è sempre rimasto questo campione della torinesità che sa combattere ed eccellere. No, Nespolo non è proprio mai stato un soggettino semplice e arrendevole: è attivo, scattante, polemico, e qualcuno ne sottolinea una fervida malignità. Cerca di mantenersi costruttivo anche se spesso sbrocca di brutto. Ama citare, con dotta ironia mascherata sotto una falsissima modestia, l’assunto di Wittgenstein: “In arte è difficile dire qualcosa che sia altrettanto buono del non dire niente”. Ed esprime giudizi corrosivi su talune “opere” e “artisti” (le virgolette sono d’obbligo) di arte contemporanea che considera completamente inventati e governati dal sistema internazionale del peggior affarismo, sulla cui governance, orientata solo al profitto, è un fiume in piena. Eccolo allora che cita Donald Thompson col suo “Bolle, baraonde e avidità” sui misfatti del mercato dell’arte contemporanea. Poi ricorda il critico e membro dell’Academie Francais Jean Clair con il suo fondamentale “L’Hiver de la culture”. Sono due soggetti che, con l’allieva di quest’ultimo, Christine Sourgins con “Les mirages de l’Art contemporain” e Georgina Adam con “Dark Side of the Boom”, hanno scoperchiato il vaso di Pandora di un fenomeno che si basa sull’incultura del mondo contemporaneo, sul favoreggiamento commerciale della prostituzione intellettuale degli artisti, sulla riduzione a feticcio delle opere d’arte contemporanea, monetizzata per le ragioni del mercato e dei suoi pupari, che sono pochi - quelli che contano davvero - mega-attori che concentrano il potere di determinare il prezzo e quindi il valore delle opere da dare in pasto a consumatori miliardari che spesso non sanno neanche bene chi sia Michelangelo. Oggi, sostiene il maestro torinese, la cultura va purtroppo a rendersi quasi totalmente insignificante rispetto al fenomeno dell’arte. E fa un esempio: ''Se Cattelan portasse una balla di fieno al Moma di New York e le si attribuisse il prezzo di 10 milioni, ecco che in automatico quel fieno varrebbe davvero dieci milioni... ed ecco che se un coniglietto di gesso di Jeff Koons (l'ex-marito di Cicciolina, ndr) lo si paga 86 milioni di euro viene, per ciò stesso, considerato un’opera d’arte contemporanea dell'effettivo valore di 86 milioni”. Tutto succede per iniziativa e con il beneplacito di marchi ormai consolidati, tra cui brillano mercanti e gallerie (un nome tra tutti, Gagosian, ma fino a qualche anno fa anche il torinese interplanetario Gian Enzo Sperone, con la sua autorevolezza, se nominava in assoluta buonafede un artista lo rendeva celebre nei secoli). Ma a contare sono soprattutto i pantagruelici collezionisti dai palesi conflitti d'interesse (i due più antipatici e onnivori, Pinault e Arnault, sono due spocchiosi rivali francesi che oltre a contendersi il predominio tra gli uomini più ricchi del mondo si son comprati di tutto anche in campo artistico).

Pinault (88 anni) possiede Christie's, la più grande e importante Casa d'aste del mondo, e mentre si occupa degli altri marchi di cui si è impossessato negli anni - Gucci, Balenciaga, Yves Saint Laurent - nonché di colonizzare Venezia acquisendo Punta della Dogana e Palazzo Grassi, può manovrare alla grande su artisti, prezzi, vendite, acquisti delle maggiori opere d'arte al mondo.

Punta della Dogana a Venezia

Bernard Arnault, Monsieur LVMH (Dior, Fendi, Celine, Guerlain, Mark Jacobs, Givenchy, Kenzo, Loro Piana, Emilio Pucci, Tiffany, Bulgari, Hennessy, Veuve Cliquot, Sephora, Moet Chandon) ha 75 primavere ma è iperattivo, patrimonio 2024 di 191 miliardi di dollari (173 miliardi di euro al cambio attuale)

 

 Bernard Arnault

 

 

Il palazzo di Louis Vuitton a Parigi mascherato come uno dei suoi bauli

Bene, un qualsiasi tizio miliardario collezionista che acquistando la succitata balla di fieno fa artificiosamente aumentare il valore di quella o altre opere in circolazione o in gestazione, determina uno scenario assolutamente censurabile. Con l'immaginaria balla (di fieno) gonfio la bolla (di fumo) e qualcuno ci guadagnerà! Ma la bolla è solo speculativa e con questo metodo diabolico prima o poi collezionisti, case d’asta e musei dovranno fare seriamente i conti. Come non pensare ad una sorta di schema Ponzi applicato all'universo dell'arte? E non si pensi che questo sistema sia sconosciuto in Italia. Troppa inspiegabile distrazione, talvolta anche da parte degli organismi giudiziari preposti, sembrerebbe favorire individui, se non proprio organizzazioni ben strutturate, che macinano profitti, pelano gli sprovveduti e squalificano tutto il mercato. Di questo tema abbiamo già parlato a proposito dell'imminente mostra sul Futurismo alla Gnam di Roma, indicando anche talune delle tecniche che vengono utilizzate al fine di legittimare opere di dubbia provenienza e autenticità.

Accantoniamo però l’insidiosissimo ma intrigante tema delle attività perfino criminose che devastano il mondo dell’arte. Argomento che avrebbe certo bisogno di più spazio per essere dibattuto e sul quale certamente torneremo in maniera ben documentata. Torniamo quindi a Nespolo, chiedendogli ora, come artista che si è cimentato persino nel cinema sperimentale d’avanguardia, oltreché nella pittura, nella scultura, nella ceramica e in quasi tutte le forme d’arte che il futurismo ha promosso e valorizzato, quanto ritenga debitrice la propria opera a questa straordinaria avanguardia artistica e in quale misura si riconosca personalmente come destinatario e prosecutore chiave della eredità sia artistica che culturale del movimento nato dal manifesto marinettiano. La risposta - diciamocelo - è di quelle piuttosto convincenti...di quelle che devi un po' risponderti da solo ("e adesso che c***o gli posso ancora chiedere?"). Ugo nostro, infatti, caccia fuori un giornale del 2009...no, non è UN giornale, mi squaderna il New York Times, il leggendario newspaper americano e mi mostra la pagina in cui campeggia un grande articolo intitolato “Back to the Futurists: Nespolo’s World”

 

 Siamo nel 2009, dappertutto si ricorda il centenario del manifesto che venne pubblicato nel 1909 su quello che allora era il number one dei quotidiani nel mondo: Le Figaro di Parigi.

"Ho fatto conferenze con la figlia di Marinetti e con Enrico Crispolti (grande critico e storico del futurismo, ndr) ...siamo stati fratelli e facevamo conferenze insieme…” “…tutti dicevano che i miei lavori erano ereditati da Depero in qualche maniera. Non vero….non lo so…”. Improvvisamente Nespolo diventa pensieroso, poi scarta come un puledro selvaggio e si lancia in una puntuta critica all’organizzazione della mostra che si aprirà ad ottobre alla Galleria Nazionale di Arte Moderna a Roma “IL TEMPO DEL FUTURISMO”. "Ma come? Un museo che dovrebbe essere il primo in Italia ha la responsabilità di fare una mostra solo se di altissimo insuperabile livello, perché mostre sul futurismo ne sono state fatte tante. Farne una non ha senso se non è con un taglio diverso, superiore, con critici importanti, con punti di vista diversi". Poi incalza, è spiaciuto, vorrebbe essere costruttivo nonostante la visibile delusione: "Il ministro della cultura deve saperlo che si sta dando la zappa sui piedi da solo, non sa cosa gli capiterà, perché gli scriveranno tutti contro, uno per un motivo, uno per l’altro, uno per ragioni economiche, l’altro per ragioni concettuali. Io ho ricevuto una lettera in cui mi venivano richieste opere mie e altre non mie... come il gilet di Marinetti che avevo ceduto a Renzo Arbore ed altre. Poi dopo qualche tempo ricevo una nuova lettera dalla direttrice della GNAM, dove nella sostanza dice: 'ci scusi ci siamo sbagliati, per questioni di budget le sue opere non ci interessano più…' ...dovrebbero guardare e imparare come fanno le mostre i musei internazionali... fanno robe serie... Non so cosa dire, sono allibito.”

Marinetti e Depero indossano i gilet a tema futurista

Appare davvero rammaricato, il maestro. Si capisce che sperava in un evento storico che pare purtroppo avviato al fallimento. In effetti cosa si può dire nel leggere che, a due mesi dall'inaugurazione il curatore, a totale insaputa dei membri del Comitato Scientifico (che peraltro sbuffano, lamentando di essere, dopo più di un anno, senza un contratto né un accordo economico ), abbia deciso di ribaltare l'iniziale impostazione strategica, quella di realizzare una monumentale mostra enciclopedica, trasformandola (in 60 giorni!) in mostra multidisciplinare. Un'impresa impossibile anche se affidata a organizzatori dotati dell'esperienza nel predisporre grandi eventi culturali di questa portata. Esperienza di cui, si afferma nei circuiti artistici che contano, la Direttrice della GNAM, Renata Cristina Mazzantini, giovane, intelligente, superimpegnata in tanti progetti, residente all'estero e il Curatore incaricato, Gabriele Simongini, giornalista e critico dell'arte, sono malauguratamente privi. Lo sconforto di Nespolo per il rischio che un’operazione culturale di tale portata rischi il flop è palpabile. Si rischia di banalizzare “…l’unico patrimonio dell’unica avanguardia italiana di grande livello internazionale.”

Nespolo è così partecipe delle sorti anche perché, oltre a rappresentare il continuatore dell'arte futurista - è anche, per l'appunto, un importante esperto e collezionista di grandi cimeli e opere multisciplinari del Futurismo, dalla letteratura alla moda, dalla cinematografia alla ceramica, dalla fotografia alle plurime manifestazioni della fantasia marinettiana. Ugo nostro taurinensis, giurano i critici, è senza incertezze l'erede di quello straordinario Depero che, dopo i 5 fondatori, rappresenta il più grande esponente del movimento del 1909. Lui ne è il successore e senza dubbio il degno continuatore sul piano non solo artistico.

Poi è stato presidente del torinese Museo del Cinema, ha avuto nella vita svariati e prestigiosi riconoscimenti, tanto più importanti in quanto prevalentemente conferiti da istituzioni culturali di sinistra ad un artista che, volente o nolente, secondo chi scrive fa parte, se non altro antropologicamente, dell'album di famiglia della grande cultura della destra. E il Ministro Sangiuliano, alle prese con la devastante crisi scientifico-organizzativa che accompagna l'ormai imminente criticatissimo decollo della 'storica' mostra sul Futurismo, dovrebbe considerare un coinvolgimento di tanti personaggi veramente ferrati sul tema come lui, prima che la Gnam e l'immagine stessa del vertice della cultura italiana naufraghino summa cum iniuria.   

Grazie a Ugo Nespolo e moltissimi auguri tardivi per il suo compleanno del 29 agosto.

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