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IL FATTO

"Ho distrutto il noccioleto del presidente per rabbia. Io sono povero, lui no"

Un 60enne devasta le nocciole di Alberto Cirio. "Mi ha perdonato, anche se non l'ho votato"

"Ho distrutto il noccioleto del presidente per rabbia. Io sono povero, lui no"

Alberto Cirio

"Per me la faccenda è chiusa" così il governatore del Piemonte, Alberto Cirio, chiosa a proposito di una vicenda giudiziaria che lo ha visto protagonista: questa volta come imprenditore, non come amministratore. E poi c'è un altro protagonista in questa vicenda.

Si chiama Giovanni Ramello, ha 60 anni, e in Piemonte è diventato tristemente noto come il "killer di barbatelle". Non si tratta di un serial killer, né di un criminale abituale, ma di un uomo spinto dalla rabbia e dall'invidia. Nella notte del primo aprile 2023, Giovanni ha dato sfogo a un impeto di furia distruttiva, recandosi nel noccioleto dell'azienda agricola affittata dal presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio, e ha tagliato tutte le giovani piante. "Non mi sono accorto di averne danneggiate così tante", ha dichiarato Ramello con una sorprendente nonchalance, "i carabinieri hanno scritto 200, ma io non me ne sono accorto perché non mi faceva male la schiena".

Un contadino di vecchia data, Ramello vive nella provincia di Cuneo e lavora nella vigna di un amico per appena 8 euro all'ora. Le sue giornate trascorrono tra la terra e il vino, ma quel giorno, qualcosa ha fatto scattare una furia incontenibile. "Ero arrabbiato col mondo", ha confessato davanti al giudice, cercando di spiegare l'inspiegabile. "L'ho fatto perché lui è ricco e io sono povero. Lui può permettersi quel campo come passatempo, io invece vivo di agricoltura. Non ho altro".

Il gesto sconsiderato di Ramello è arrivato poche settimane prima dell'inaugurazione di un'autostrada da parte del ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini, evento che ha inizialmente fatto sospettare di un possibile atto di protesta politica. Ma Ramello è stato chiaro: "La politica non c’entra niente, era una questione tra contadini. Ero arrabbiato anche con Cirio, ma in generale, con tutto il mondo. Non ce l'avevo con Salvini o con i potenti, solo con la mia condizione".

E così, quella che poteva sembrare una trama di tensione politica si è rivelata un dramma umano di ordinaria disperazione. Le forze dell’ordine, allertate dal timore di un sabotaggio in grande stile, hanno rapidamente identificato Ramello come il colpevole, che non ha opposto resistenza. "Non potevo negare", ha raccontato quasi rassegnato, "lo avrebbero scoperto comunque".

Il presidente Cirio, da parte sua, ha mostrato comprensione nei confronti di Ramello, accettando un risarcimento ridotto per i danni. "Mi ha perdonato", ha ammesso il contadino, "anche se non l'ho votato". La distruzione delle piante potrebbe ritardare il raccolto di almeno un anno, ma Cirio ha scelto di non infierire ulteriormente su un uomo già abbattuto dalla vita. Giovanni Ramello, ora sotto processo, si è definito più volte "uno scemo". "Sui giornali questa storia sembrerà una comica", ha detto con un misto di amarezza e rassegnazione. "Ma è stata solo la rabbia a parlare, non io".

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