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CARCERI
15 Ottobre 2024 - 18:34
Alle 4 del mattino, mentre il carcere di Torino dormiva, è scattato un blitz della polizia penitenziaria. Un'operazione straordinaria, fulminea e inaspettata, che ha visto in azione 160 agenti, alcuni provenienti da altre strutture piemontesi e liguri, accompagnati da unità cinofile. Niente di preannunciato, niente di atteso dai detenuti che, nel silenzio delle celle, dormivano ignari. E invece, sotto il padiglione C, c’era un vero arsenale. Quattro smartphone, tre dei quali con SIM perfettamente funzionanti, chiavette USB, sbarre di ferro trasformate in coltelli rudimentali. E la chicca? Una spranga, lavorata a uncino come un piede di porco, nascosta sotto una plafoniera. Pronta all’uso. E non è finita qui. Anche della droga è saltata fuori durante le perquisizioni, tanto per aggiungere un tocco di ovvietà alla sceneggiatura.
Il carcere delle Vallette, come altri in Italia, sembra ormai un microcosmo a parte, con le sue leggi e i suoi silenzi. Ma se a Torino si scovano spranghe, a Ivrea le cose non vanno meglio. Un detenuto, di origini marocchine, ha distrutto le luci al neon della sua sezione. Il motivo? Un presunto ritardo nella somministrazione di una terapia. Protesta o rabbia, poco importa. Il sindacato Osapp, con parole pesanti come macigni, denuncia la situazione: “A Ivrea i detenuti spadroneggiano da anni. Manca un comandante titolare da quattro anni e la struttura è abbandonata a sé stessa. Gli agenti sono pochi e fanno quel che possono, ma qui il caos regna sovrano”. Dietro le sbarre, la tensione è palpabile. A Torino si trovano spranghe e cellulari clandestini; a Ivrea si spaccano le luci per alzare la voce. È questa la vita nelle carceri oggi, una realtà fatta di regole infrante e silenzi assordanti.
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