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IL CASO
28 Ottobre 2024 - 10:16
È via Sacchi, davanti alla stazione di Porta Nuova, il teatro dell’ultimo presidio contro la chiusura di diversi uffici postali torinesi. In decine, con cartelli e bandiere alla mano, stanno esprimendo il loro dissenso verso il piano di “razionalizzazione” annunciato da Poste Italiane, che potrebbe prendere vita già a dicembre. Il cuore della protesta: la preoccupazione per i residenti, in particolare per quelli più anziani, che vedrebbero ridursi drasticamente l’accesso a un servizio essenziale.
A scendere in campo accanto ai manifestanti, le esponenti del PD Gianna Pentenero, presidente del gruppo consiliare a Palazzo Lascaris, e la consigliera Nadia Conticelli, che ha presentato un’interrogazione urgente al Consiglio Regionale per richiedere chiarezza e interventi concreti. Il quesito arriverà sul tavolo della Regione martedì pomeriggio, ma già domani mattina il gruppo consiliare PD si unirà ai presidi indetti dal sindacato CGIL, in una mobilitazione per proteggere questi sportelli.
“La chiusura di alcuni uffici postali comporta innegabilmente l’eliminazione di servizi fondamentali e crea disagi pesanti per le fasce più fragili della popolazione,” afferma Pentenero, puntando il dito contro un piano che, secondo lei, è un paradosso: anziché rispondere alle esigenze di una popolazione spesso esclusa dal digitale, va a colpire quei cittadini che più di altri necessitano di uno sportello vicino. E, aggiunge, la chiusura degli uffici postali non è solo un problema di accessibilità: “Significa anche tagliare posti di lavoro e rinunciare a nuove assunzioni.”
L’interrogazione di Conticelli accende i riflettori sui numeri. Solo a Torino, si prevede la chiusura di cinque uffici, quasi tutti collocati in zone periferiche e distanti dal centro, dove la presenza degli sportelli postali è un presidio necessario in quartieri con un’elevata presenza di anziani. “In molti, per età o condizione socioeconomica, non possono contare sui servizi digitali. L’ufficio fisico rappresenta quindi una porta d’accesso fondamentale, soprattutto in aree che rischiano di essere abbandonate,” dichiara Conticelli. Per lei, il rischio è anche che si alimenti la “desertificazione” di interi quartieri.
A fare eco alle loro parole, l’appello ai vertici: se la Regione non agirà subito, sostengono le esponenti PD, si comprometteranno gli interventi di riqualificazione già pianificati per il territorio torinese. “Molti progetti, anche grazie ai fondi del Pnrr, sono nati per rivitalizzare i quartieri in difficoltà” conclude Conticelli, “sottrarre loro servizi essenziali va esattamente nella direzione opposta.”
“La decisione di Poste Italiane di chiudere cinque uffici postali a Torino e, in previsione, altri tre nel territorio piemontese va fermata: si tratta di presidi fondamentali e, per definizione, di prossimità, di cui usufruiscono soprattutto persone anziane e più fragili che non hanno accesso a internet, fermo restando che molti dei servizi offerti da Poste richiedono comunque di recarsi in presenza in ufficio - così Sara Diena, capogruppo in Comune di Sinistra Ecologista, oggi al presidio a Torino contro la chiusura di cinque uffici postali - Proseguiremo la battaglia a ogni livello istituzionale e oggi, in Sala Rossa, sosterremo gli ordini del giorno per chiedere di estendere anche a Torino il progetto POLIS di Poste Italiane”.
Martedì il Consiglio regionale affronterà la questione: se la Regione deciderà di intercedere presso il Ministero e la Direzione nazionale di Poste Italiane, l’interrogazione potrebbe aprire una nuova possibilità per le tante comunità che oggi si ritrovano in piazza a chiedere solo il diritto di accedere a un servizio indispensabile.
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