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L'INCONTRO PATROCINATO DALLA FONDAZIONE QUARTO POTERE

Elezioni Usa, tutte le spine nel fianco di Kamala Harris. Ma per la stampa italiana ha già vinto - IL VIDEO

Dal voto degli operai a quello dei cattolici. "I democratici hanno fatto una scelta cinica. Lei è sacrificabile"

Kamala Harris e Donald Trump

Verso le elezioni presidenziali 2024

Si infittisce il dibattito in vista del voto di martedì 5 novembre. Il giorno delle elezioni presidenziali degli Stati Uniti d’America. Da un lato, il candidato dei Repubblicani, l’ex presidente Donald Trump e, dall’altro, la vice presidente di Joe Biden, Kamala Harris. Per essere eletti serve il consenso di 270 Grandi Elettori, il numero magico della maggioranza assoluta. Non vince - lo ricordiamo - chi prende più voti, ma chi raggiunge il maggior numero possibile di Grandi Elettori, allocati proporzionalmente nei diversi Stati in base alla densità abitativa (ad esempio, la California conta da sola 54 Grandi Elettori). E mai come in questa tornata elettorale il risultato appare incerto.

Se ne è discusso approfonditamente lunedì sera, al Centro Studi San Carlo, durante l’incontro “Elezioni americane: scenari e prospettive verso il 5 novembre 2024”, presentato dall’avvocato Stefano Commodo, portavoce di Rinascimento Europeo e moderato dal consigliere comunale e vice presidente di Nazione Futura Ferrante De Benedictis, media partner TorinoCronaca, patrocinato dalla Fondazione Quarto Potere. A delineare il quadro entro cui si gioca la partita c’erano Stefano Graziosi, giornalista per La Verità, nonché esperto di politiche Usa insieme a Pasquale Ferraro, direttore di Nazione Futura.

«Siamo a un changing point» ha premesso De Benedictis, in apertura del dialogo. Un momento storico cruciale, alla luce dello scenario geopolitico internazionale e in relazione ai conflitti in corso, dall’Ucraina al Medio Oriente. C’è poi il grande tema di come, in Italia, venga raccontata la corsa alla presidenza degli Stati Uniti, come ha sottolineato il direttore di TorinoCronaca Beppe Fossati, portando un saluto all’evento.



La stampa e Kamala Harris
«Non guardiamo gli Stati Uniti con gli occhi degli europei» l’appello spassionato dei relatori al pubblico in sala. «Per gran parte della stampa italiana il risultato è già scritto: ha vinto Kamala Harris. Ma non è così» ha spiegato a più riprese Ferraro che – dati alla mano – evidenzia come la candidata dei democratici non sia mai andata oltre il 2% nei sondaggi. «Contro un ben più netto 5% di Biden nei sondaggi della scorsa tornata elettorale».

Il punto è che «i democratici hanno scelto cinicamente un candidato sacrificabile» rimarca. «Se hai una stampa che legge la realtà con lenti “rosse” (che in America diventano blu, ma restano rosse) racconterà tutto attraverso quelle lenti». E ancora: «La stampa ha portato avanti la santificazione politica di una persona giudicata politicamente inutile per quattro anni». Stesso fenomeno ravvisabile anche nelle settimane di fascinazione (quasi tutta italiana) per una possibile candidatura di Michelle Obama alla Casa Bianca. «L’errore sta nel raccontare i fatti come vorremmo che fossero e non come sono» conclude Ferraro.



Operai, cattolici e arabo americani 
«Grossi pezzi dell’elettorato americano storicamente democratico si stanno spostando verso i repubblicani. A partire dalla working class» ha messo in evidenza Graziosi e, di conseguenza, individua nel voto operaio una delle spine nel fianco più evidenti per Kamala Harris. «Li ha visti solo il cartolina, gli operai» commenta sprezzante.

Dopodiché, c’è il voto degli arabo-americani. «Storicamente le questioni di politica esterna incidono poco sulle elezioni presidenziali» sottolinea ancora Graziosi. O meglio, «hanno un impatto quando incidono in modo forte sulla politica interna del Paese». A oggi, un pezzo considerevole della sinistra americana, fortemente filo palestinese, accusa la precedente amministrazione Biden-Harris di essere stata troppo morbida nei confronti di Israele. «Il voto arabo americano in alcuni degli stati chiave avrà un peso importante» ipotizza l’esperto.



Non da ultimo, c’è l’incognita dell’elettorato cattolico. «Sarà dirimente soprattutto in Stati come la Pennsylvania. Biden era più forte sotto questo punto di vista, Harris si presenta come una candidata iper-progressista, abortista, non trova punti di incontro con i cattolici» analizza ancora il giornalista. 

Ci sono stati anche una serie di «grossi errori contingenti» nell’ultimo periodo rispetto ai cattolici. «Verrebbe da pensare che ai vertici del partito democratico ci siano dei cioccolatai che non si rendono conto delle conseguenze delle loro azioni, presi da una sorta di delirio di onnipotenza» ipotizza. Oppure, «all’interno del partito democratico qualcuno sta scommettendo contro Kamala Harris». E ancora: «Kamala Harris è un camaleonte. Non ha un principio guida. È una signora a cui piace il potere» conclude Graziosi.

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