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LA NOTIZIA
06 Novembre 2024 - 13:16
Quando una piattaforma da miliardi di visualizzazioni al giorno viene accusata di aver spinto dei giovani al limite, forse è il momento di domandarsi chi stia veramente guardando chi. È quello che si chiedono oggi le famiglie di due adolescenti francesi, che hanno perso la vita dopo essere state esposte a contenuti su TikTok in cui depressione e autolesionismo diventano, di fatto, temi in primo piano. E ora queste famiglie dicono basta, puntando il dito contro il colosso cinese in una causa senza precedenti in Europa, presentata presso il tribunale di Créteil, alle porte di Parigi.
Al loro fianco, un collettivo che porta un nome evocativo: Algos Victima. Insieme a quattro ragazzi che hanno tentato di togliersi la vita e a una giovane ragazza affetta da anoressia, si scagliano contro un algoritmo accusato di trasformare la sofferenza in una spirale senza fine. “È una società commerciale che parla ai minorenni, e deve rispondere delle sue mancanze,” denuncia Laure Boutron-Marmion, l’avvocata che guida questa battaglia legale. E la domanda suona inevitabile: perché TikTok, tra le tante misure di sicurezza sbandierate, non ha ancora trovato il modo di arginare i contenuti che possono rivelarsi tossici per un adolescente in difficoltà?
Tra gli accusatori, una madre racconta come sua figlia sia stata sommersa da video ossessivi su temi che nessun adolescente dovrebbe ritrovarsi sotto il dito. Non è un caso isolato: l’algoritmo, dicono, coglie il tema delle ricerche e rincara la dose, incanalando i ragazzi in una sequenza di contenuti che spingono sempre più in basso. E mentre TikTok è già sotto i riflettori per strategie accusate di creare dipendenza, per le famiglie il caso è chiaro: l’algoritmo, l’innocuo “for you” che dovrebbe solo suggerire, può trasformarsi in un incubo a portata di swipe.
LA RISPOSTA DEL COLOSSO SOCIAL
"Non abbiamo ricevuto alcuna notifica di procedimenti legali relativi a queste rivendicazioni." - dichiara una portavoce di TikTok. "Si tratta di una presunta mancanza di efficace moderazione, trattandosi di una causa appena intentata e non di una decisione di un giudice".
Sarà la giustizia francese a decidere, ma il messaggio è già arrivato forte e chiaro: quando l’algoritmo entra nella vita di un adolescente, la responsabilità non è più soltanto “virtuale”.
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