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IL COLLOQUIO
19 Novembre 2024 - 08:00
Giancarlo Banchieri
Una azienda su tre a Torino è impiegata nel commercio o nel turismo. «Non siamo un settore marginale» spiega il presidente di Confesercenti Torino e provincia, Giancarlo Banchieri, chiedendo maggiore attenzione per un comparto che, negli ultimi anni, ha dovuto fare i conti con la piaga delle serrande abbassate e l’avanzata dei colossi dell’e-commerce.
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Banchieri perchè secondo lei oggi è importante fermarsi a conferire un riconoscimento ai commercianti?
«Il Premio Commercio vuole dare merito alle tante attività che danno continuità imprenditoriale e commerciale al tessuto economico torinese. Cerchiamo di premiare aziende di settori vari, per far capire che tutti - in qualche modo - ce la possono fare. Fondamentale è poi l’elemento dell’innovazione, a dimostrazione di come - anche il nostro - sia un settore in continua evoluzione. Fantasia, spirito di intraprendenza e la voglia di rischiare possono ancora essere superiori alle difficoltà a cui si va incontro».
Cosa dovrebbero fare le istituzioni per sostenere chi rischia e si butta in un’attività imprenditoriale?
«Ci sono tanti aspetti che riguardano le istituzioni locali, nazionali e il sistema bancario che potrebbero essere interessanti da analizzare. Si dovrebbe intervenire anche a livello europeo. Non è più il momento di provare a risolvere la crisi del commercio con un’unica soluzione. Non c’è una ricetta magica e non c’è nessuno che possa farlo su due piedi».
Quindi non c’è soluzione?
«No, tutt’altro. Credo che le istituzioni locali debbano fare in modo di snellire procedure burocratiche e tenere al minimo la tassazione locale che oggi - soprattutto con la Tari - è troppo alta. Penso in particolare alle attività di somministrazione».
Ha fatto cenno anche al sistema bancario...
«Oggettivamente è un sistema che tende a finanziare le imprese medio-grandi e ad aiutare di meno le micro e piccole imprese che invece sono il tessuto dell’offerta commerciale».
Il fenomeno delle serrande abbassate nell’ultimo decennio la preoccupa?
«Si tratta di una crisi strutturale del mondo del commercio. Non è un fenomeno passeggero e incide sicuramente sul fattore economico».
In che senso?
«Meno aziende rappresentano meno posti di lavoro, quindi meno tassazione locale e meno introiti anche per lo Stato a livello locale e nazionale. Poi c’è un tema di bellezza, vivibilità e credibilità delle città stesse. I centri abitati sono meno belli, meno sicuri e meno gradevoli senza le attività commerciali. Anche il valore delle case è più alto dove c’è uno strato commerciale adeguato, forte e ben ramificato.
È appena terminata la settimana delle Atp Finals di tennis. Come incidono i grandi eventi sul tessuto commerciale della città?
«Sicuramente hanno un’incidenza maggiore per alberghi, attività di somministrazione, taxi, guide turistiche, e tutta la filiera lunga del turismo. Anche il commercio, soprattutto nelle vie centrali, ne trae un benefizio. Sono ovviamente un sostenitore dei grandi eventi, però dico sempre che ci vorrebbero alcune azioni strutturali per rendere la città ancora più turistica».
Ad esempio?
«Mi riferisco, ad esempio, a un nuovo centro congressi e a maggiori collegamenti aeroportuali. Negli ultimi anni sono leggermente migliorati, ma sono ancora molto al di sotto delle potenzialità turistiche, economiche e abitative di una città come Torino e di una regione come Piemonte».
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