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Economia & Territorio
27 Gennaio 2025 - 10:50
Non c'è solo la (ex) Fiat: oltre 26mila lavoratori in cassa integrazione in più di 4.600 aziende, dall'indotto automotive alla moda all'edilizia. È la fotografia di un territorio e di un sistema produttivo, quello dell'artigianato, che soffre e rischia grosso, niente affatto aiutato dalle situazioni internazionali, a cominciare dalla crisi della Germana, non più locomotiva d'Europa.
Questa fotografia arriva da Confartigianato Piemonte, che parla di "congiuntura estremamente negativa", a partire dal mondo dell'indotto automotive - così legato ai calendari e gli stop produttivi di Stellantis - "caratterizzato da piccole imprese artigiane", dalla lavorazione metalli alla meccanica. E poi il comparto edile, con la fine del Superbonus, la Moda in flessione costante da parecchi mesi. E "l'aggiunta delle tensioni sui prezzi energetici contribuisce, poi, a tratteggiare un quadro fosco caratterizzato da una contrazione della domanda interna e una significativa flessione in termini di produzione ed export, che non si limita solo all’anno appena concluso" spiegano da Confartigianato.
Secondo l'Ebap, lEnte bilaterale artigianato del Piemonte, attraverso il Fondo di solidarietà di categoria da gennaio a novembre 2024 sono state impiegate risorse per 8 milioni e 878.777,14 euro, ossia un incremento di quasi il 62% rispetto allo stesso periodo del 2023 (5 milioni e 480.904,18 euro lordi). Nel 2024 le imprese artigiane del Piemonte che hanno beneficiato della cassa integrazione sono state 4.666 con il coinvolgimento di 26.110 addetti.
I comparti che hanno registrato una maggiore richiesta di intervento in termini di cassa integrazione sono in assoluto la produzione e lavorazione di metalli, più in generale la meccanica di precisione, il tessile e l’abbigliamento. Torino resta la provincia dove maggiormente impatta la cassa integrazione, ma l'emergenza riguarda l'intero territorio. Questi i dati suddivisi per provincia:
“I dati forniti dall’EBAP sono più che eloquenti – commenta Giorgio Felici – Presidente di Confartigianato Piemonte - e la dicono lunga rispetto allo stato di salute dell’artigianato, un universo costituito da micro e piccole imprese che rappresenta il 98% del tessuto produttivo e che sta attraversando un periodo di profonda crisi ed incertezza. Il forte calo della produzione di macchinari va imputato in parte alla minor domanda da parte della Germania (nostro primo importatore) – continua Felici - in parte alla significativa crisi degli investimenti e in parte alla crisi dell’automotive, mentre il tessile ha subito un calo per la concorrenza cinese e lo stop all'export in Russia.”
“Per la crisi del settore Moda, intervengono molteplici cause - precisa Felici -: dalla difficoltà di approvvigionamento delle materie prime che ne ritardano la produzione, all’aumento dei costi dell’energia e dei trasporti, fino al boom dell’e-commerce che ha messo in difficoltà soprattutto le aziende artigiane meno strutturate e non in grado di digitalizzare i processi produttivi e commerciali, perdendo di competitività. Inoltre, nella ripresa post Covid alcune imprese hanno investito in attrezzature e macchinari e in occupazione, per poi veder crollare le commesse proprio in una fase di eccessiva esposizione finanziaria. Sono inoltre cambiate le abitudini di consumo e la domanda di prodotti di lusso e di alta qualità su cui l’artigianato piemontese e italiano rappresentava l’eccellenza. Il consumatore ha modificato anche la sua sensibilità nei confronti della sostenibilità che per le aziende si traduce in costi più elevati. Bene il fondo per il settore Moda, ma forse andrebbe esteso a tutta la manifattura”.
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