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LA VERTENZA
10 Febbraio 2025 - 20:30
Lavoratori Gurit durante il presidio
L’azienda non cambia idea: entro aprile lo stabilimento chiuderà e 56 dipendenti (su 64 totali), resteranno a casa. «Hanno ribadito la posizione dei licenziamenti collettivi. Come abbiamo detto per noi oggi la richiesta era quella che ritirassero i licenziamenti perché secondo noi non c’erano le condizioni tali per giustificare questa scelta», hanno rivelati i sindacati usciti dal tavolo di confronto. Per evitare la chiusura e i licenziamenti si è provato a parlare di una possibilità di vendita: «Perché non vendete? Loro hanno affermato che non c’è nessuna volontà di farlo».
La giustificazione sarebbe l’assenza di possibili acquirenti ma i dipendenti, stanchi delle spiegazioni che secondo loro nascondono i reali interessi dell’azienda, non credono nemmeno a questo: «Certo, non vogliono vendere perché creerebbe concorrenza».
I sindacati hanno detto, rivolgendosi ai dipendenti radunati lì in strada: «La scelta loro è di mantenersi le commissioni che hanno e farle in Cina. È una scelta ingrata, che ne va della vostra pelle».
Il colosso svizzero, specializzato nella produzione di pale eoliche, ha deciso di delocalizzare in Cina a causa di un calo delle commesse e la crescente concorrenza cinese. I lavoratori però non ci stanno. «Non è vero. Il lavoro c’è, gli ordini ci sono... Vogliono solo spostarsi in Cina per spendere meno», è l’idea condivisa dai lavoratori.
«Gliele faremo pagare tutte, non ci fermeremo. Cercheremo ad alzare il livello con tutte le istituzioni possibili, fino a far arrivare al Ministero tutte le nostre istanze», un’affermazione condivisa che ha scatenato l’applauso carico di rabbia e delusione della folla.
Il 19 febbraio è previsto un altro incontro per capire il futuro dei dipendenti Gurit. Tuttavia nell’attesa delle prossime trattative, i lavoratori dovranno «timbrare il cartellino come ogni mattina e continuare a lavorare per un posto a cui frega solo dei suoi interessi e che domani ci sbatte fuori senza problemi».
«Non ce l’aspettavamo. Una doccia gelata che fa arrabbiare - commenta Erica Varaia, una delle dipendenti che rischia il posto -. Non credo ci sia un vero calo di ordini o di sovrapprezzo ma è solo una convenienza. Il vero motivo è che costa meno produrre e spostare un’intera produzione che prima era in Italia. Ora non ci resta che capire come uscirne più in piedi possibile».
«Sono solo degli egoisti - afferma con rabbia Danilo - è per gente come loro se l’Italia crolla. Perché non è solo lo stabilimento di Volpiano ma un atteggiamento irrispettoso e veramente egoistico di tutte quelle aziende che mettono al primo posto i propri interessi invece dei propri lavoratori e rovinano il paese. Io ho appena aperto un mutuo. E ora? Ci sono persone che hanno firmato un contratto annuale e che dall’oggi al domani si ritrovano ad essere lasciati a casa a nemmeno metà dell’anno. Hanno firmato i lavoratori tanto quanto l’azienda e quel contratto va rispettato. Un vero schifo».
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