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18 Febbraio 2025 - 17:39
Marcello Trentini
Torino continua a perdere pezzi nella sua scena gastronomica stellata. L’ultimo a gettare la spugna è Magorabin, il ristorante di Marcello Trentini che chiude definitivamente i battenti. Aperto nel 2003, il locale era diventato un punto di riferimento della ristorazione torinese, costruito con determinazione dallo chef e da sua moglie, la sommelier Simona Beltrami. Partiti senza aiuti esterni, i coniugi Trentini hanno realizzato un modello di innovazione capace di resistere a diffidenze locali e mode globali, mantenendo la stella Michelin dal 2010.
Marcello Trentini, nato a Torino nel 1971, ha sempre avuto la vocazione per la cucina. Figlio di una famiglia di commercianti, già all’asilo diceva di voler diventare cuoco. Dopo una lunga gavetta in ristoranti di tutto il mondo, ha deciso di tornare nella sua città per aprire il suo ristorante. Il soprannome "Mago" lo accompagna da anni, ispirato al nome stesso del locale, che richiama il "magorabin", l’uomo nero della tradizione torinese.
Magorabin non è il primo e, con ogni probabilità, non sarà l’ultimo. A dicembre 2023 aveva chiuso anche Spazio 7, il ristorante della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo guidato da Antonio Romano, che aveva annunciato la fine dell’attività con un messaggio amaro sui social. Torino sta perdendo una serie di ristoranti stellati che fino a poco tempo fa sembravano solidi. La Michelin, con il senno di poi, sembra aver anticipato il tracollo quando ha smesso di premiare la città, preferendo altre mete. E ora che il 19 giugno Torino ospiterà la cerimonia dei The World’s 50 Best Restaurants, il panorama gastronomico cittadino si presenta ridimensionato. Un paradosso, considerando che l’evento è stato fortemente voluto dall’amministrazione comunale, con un investimento significativo che rischia di non dare i frutti sperati.
Vitello e tonno, l'iconico piatto di Magorabin
Le cause della crisi sono difficili da individuare con precisione. Se da un lato la sostenibilità del fine dining è un problema generale, dall’altro il caso Torino (e provincia) appare unico nel suo genere. Chiudono i giovani, resistono solo i ristoranti storici: Vintage, Carignano, Dolce Stil Novo alla Reggia, La Credenza. Locali che in passato sono stati guardati con un certo snobismo dalla critica gastronomica, ma che ora rappresentano gli ultimi baluardi della cucina d’autore in città. L’avanguardia si regge tutta su Condividere e su un certo Antonino Cannavacciuolo, con il suo bistrot ai piedi della Gran Madre, gli ultimi nomi rimasti a tenere alta la bandiera dell’innovazione
Nel frattempo, la domanda resta aperta: il problema è solo della ristorazione o Torino ha smesso di essere una città capace di attrarre e sostenere l’eccellenza culinaria?
Marcello Trentini ha voluto mettere subito in chiaro che le ragioni della chiusura non sono quelle che tutti pensano. Nessuna faida interna, nessuna fuga di talenti dalla sua brigata, ma una scelta maturata nel tempo e inevitabile. La ristorazione fine dining così come è stata concepita non è più sostenibile, e senza catering, consulenze e branding nessuno può davvero permettersi di continuare. Eppure, il sogno di fare alta cucina da indipendenti lui lo ha inseguito fino all’ultimo. Ma il mondo cambia, e con esso anche i desideri.
La sua anima punk rock non si riconosce più nelle dinamiche dell’alta gastronomia, e non ha nessuna intenzione di unirsi al coro di chi si lamenta del declino del settore. Lui ha già voltato pagina. Chi sente la mancanza della sua cucina, potrà ritrovarla a Casamago (in corso San Maurizio a Torino), il bistrò nato sulle ceneri del vecchio Magorabin. Perché Marcello Trentini chiude una porta, ma non smette certo di cucinare.
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