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L'allarme della salute mentale

Una sfida urgente per tutto il Piemonte, pochi fondi spesi per quello che (non dovrebbe) essere considerato il fanalino di coda della sanità

Quaranta associazioni chiedono investimenti per migliorare il sistema di salute mentale piemontese, richiedendo più attenzione sul tema

Una sfida urgente per tutto il Piemonte, pochi fondi spesi per quello che (non dovrebbe) essere considerato il fanalino di coda della sanità

Una situazione urgente, di cui non se ne parla abbastanza, è il tema della salute mentale. Nel maggio 2024, le organizzazioni hanno presentato una piattaforma di richieste alla politica piemontese, sottolineando la necessità di investire su personale, strutture e una presa in carico precoce dei pazienti. Ma quali sono le reali condizioni della salute mentale in Piemonte e quali passi sono necessari per un cambiamento significativo?

Secondo i dati presentati dalle associazioni, la spesa per la salute mentale in Piemonte è significativamente inferiore alla media nazionale. Nel 2022, la regione ha speso circa 64 euro per persona, l'8,4% in meno rispetto ai 70 euro medi del resto d'Italia. Inoltre, solo il 2,7% del fondo sanitario regionale è destinato alla salute mentale, contro il 3% della media nazionale. Questi numeri, già di per sé allarmanti, sono stati ulteriormente confermati da uno studio della Bocconi, che ha evidenziato la scarsa capacità del Piemonte di intercettare precocemente i bisogni dei pazienti.

Il rapporto della Bocconi ha messo in luce una dotazione di risorse più limitata rispetto alla media italiana, soprattutto in termini di personale dedicato. Attualmente, il Piemonte conta 39 professionisti della salute mentale ogni 100.000 abitanti, ben al di sotto dei 60 della media nazionale. Questa carenza si traduce in lunghe permanenze nelle strutture residenziali, basso turnover e tempi di attesa più lunghi per i trattamenti successivi. La mancanza di integrazione sociosanitaria e la scarsità di comunità alloggio e appartamenti semi protetti contribuiscono a un elevato tasso di istituzionalizzazione.

Le associazioni, supportate dal Partito Democratico, hanno avanzato richieste precise per affrontare queste criticità. Tra le proposte, l'aumento della spesa per la salute mentale al 3% del fondo sanitario regionale, l'incremento del personale dedicato, l'apertura dei centri di salute mentale per almeno 12 ore al giorno per sei giorni alla settimana e il potenziamento dei servizi di neuropsichiatria infantile. Inoltre, è stata sollecitata l'attivazione di una consulta regionale per la salute mentale, per garantire un coordinamento efficace delle politiche e degli interventi.

La situazione piemontese è un campanello d'allarme che non può essere ignorato. Come sottolineato dal vicepresidente della commissione sanità Daniele Valle e dalla consigliera regionale Monica Canalis, è necessario un impegno concreto da parte della giunta regionale per tutelare le strutture residenziali e semi residenziali, i lavoratori e, soprattutto, gli utenti. Il rinnovo del contratto nazionale della cooperazione sociale rappresenta un'ulteriore sfida, che richiede un aumento delle risorse per garantire la sostenibilità del sistema.

Il Piemonte si trova di fronte a un bivio: continuare a ignorare le esigenze della salute mentale o cogliere l'opportunità di trasformare il sistema in un modello di eccellenza. Le richieste delle associazioni e i dati della Bocconi offrono una chiara direzione da seguire. Investire in personale, strutture e servizi non è solo una questione di giustizia sociale, ma anche un investimento nel futuro della regione. La salute mentale non può più essere il fanalino di coda delle politiche sanitarie, ma deve diventare una priorità per garantire il benessere di tutti i cittadini piemontesi.

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