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Cultura
15 Maggio 2025 - 09:40
Eugenio Montale
Cosa rende Torino una città così speciale nel panorama culturale italiano? Forse è la sua capacità di fondere tradizione e innovazione, di essere al contempo aristocratica e operaia, come la descrisse Eugenio Montale. Il poeta, che nel 1975 ricevette il Premio Nobel per la Letteratura, aveva un legame particolare con la città, che ha segnato profondamente il suo percorso artistico e umano.
Il legame tra Montale e Torino affonda le radici nel suo esordio letterario. Fu infatti nella capitale piemontese che il poeta pubblicò la sua prima raccolta, "Ossi di seppia", nel 1925. Un'opera che, sebbene composta da un giovane autore, mostrava già la profondità e la complessità che avrebbero caratterizzato tutta la sua produzione. L'editore di questa raccolta era Piero Gobetti, una figura di spicco nella Torino degli anni Venti, noto per il suo impegno politico e culturale. Gobetti, insieme a Guido Gozzano, fu una sorta di mentore per Montale, aiutandolo a liberarsi dall'influenza dannunziana e a trovare la propria voce poetica.
Torino è una città di contrasti, sospesa, come la definì Giovanni Arpino, "fra Gozzano e il metallo".
Nel marzo del 1971, Montale tornò a Torino per un evento al Circolo della Stampa. Nonostante la sua riluttanza a lasciare la casa milanese, il poeta accettò l'invito, spinto dal desiderio di rendere omaggio a Gobetti, il suo "editore ideale". Durante questo incontro, Montale lesse alcune delle sue poesie, tra cui un inedito, "Le pietre che trascolorano", un dono misterioso che non verrà mai pubblicato. La scelta di tornare a Torino, in quel momento della sua vita, rappresentava per Montale un modo per riconnettersi con le sue radici e con una parte importante della sua storia personale.
Piero Gobetti non fu solo un editore per Montale, ma un compagno di strada, un uomo che incarnava i valori di una generazione perduta. La sua figura rappresentava per il poeta un modello di integrità morale e intellettuale, un esempio di come si potesse vivere e lavorare in un'epoca di grandi cambiamenti e tensioni politiche. Montale riconosceva in Gobetti un uomo "migliore di noi", un ideale da cui trarre ispirazione.
Un altro motivo che spinse Montale a tornare a Torino fu la possibilità di incontrare Massimo Mila, critico musicale e ammiratore di Robert Schumann, con cui condivideva una profonda passione per la musica. Questo incontro tra menti affini rappresentava per Montale un'opportunità di dialogo e confronto, un modo per arricchire ulteriormente il suo bagaglio culturale e umano.
Lo slogan scelto per il Salone del Libro è “Le parole tra noi leggere”, un celebre verso del poeta.
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