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SALONE DEL LIBRO
16 Maggio 2025 - 17:20
«Fossi stato al posto del nuovo Papa, mi sarei affacciato al balcone e avrei detto: non ce la faccio». Così il cardinale Matteo Maria Zuppi si è presentato stamani all’Auditorium del Lingotto, davanti a quasi mille persone, spalancando con disarmante sincerità l’anima in pubblico. Niente segreti da confessionale: al Salone del Libro di Torino si può parlare di fede, di fragilità e perfino di pop, accanto a uno dei volti più amati della musica italiana, Luciano Ligabue. Il dialogo tra il presidente della CEI e il rocker di Correggio si è snodato lungo il filo sottile che separa l’io dal noi, titolo dell’incontro “La storia, le storie. Dall’Io al Noi”. Sul palco, più sciolto e diretto il cantautore, più riflessivo e talvolta disarmato il porporato. Ma a giudicare dagli applausi, Zuppi ha conquistato il pubblico.
«Quando sali su un palco, se sei timido come me, qualche problema con l’ego ce l’hai» ha detto Ligabue «Quando vedi qualcuno tatuarsi una tua frase sulla pelle, capisci che non puoi più permetterti leggerezze. Diventi un sostegno per chi ti ascolta nei momenti difficili». Il cardinale ha annuito, cercando connessioni profonde: «L’Io senza il Noi sta male, diventa matto. Possedere fa male all’Io, mentre il donare lo guarisce. Il Noi fa bene all’Io». Poi, i ricordi: la baraccopoli romana degli anni Sessanta, la Comunità di Sant’Egidio, la perdita del padre, il lutto per una coetanea scomparsa a 14 anni. Ma anche l’attualità più cruda: «Come si può non provare dolore per due bambini morti di freddo in mare, stretti alla madre per non essere buttati in acqua? Bisogna piangere per queste cose». Dal canto suo, Ligabue ha parlato del proprio percorso artistico e personale, senza filtri. Dai tre film diretti, ai libri, all’autobiografia “Una storia” (Mondadori, 2022), in cui ha affrontato anche il dolore per la perdita di un figlio: «Durante la pandemia, il presente era un limbo, e non c’era modo di pensare al futuro. Ho fatto chiarezza sulle emozioni che mi portavo dentro. È stato il gesto più estremo di svelamento».
«Ricordiamoci - ha concluso Zuppi - che, come diceva Sant’Agostino, chi canta prega due volte». Un modo per dire che anche il palco, come il pulpito, può essere un luogo di rivelazione e comunità. Basta saper ascoltare.
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