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L'evento
09 Giugno 2025 - 08:00
«I terroristi ci chiamavano per nome»: gli ex poliziotti si ritrovano a Torino dopo 40 anni
Una lunga tavolata disposta a ferro di cavallo, piatti colmi, volti segnati dagli anni ma illuminati dal calore di chi ha condiviso una vita. Sono gli ex poliziotti della Squadra Mobile e della Digos degli anni ’70 e ’80, ritrovatisi – come l’anno scorso – al circolo Fioccardo di via Oristano, a Torino. Da tutta Italia, si sono riuniti per una serata tra ricordi, aneddoti e legami forti: quelli che nascono solo vivendo esperienze indelebili, spesso difficili, a volte drammatiche. «Erano gli anni delle Brigate Rosse, dei clan meridionali, degli omicidi in mezzo alla strada anche in pieno giorno e del terrorismo» racconta l’ispettore capo Raffaele Maione, il “papà” di questa serata speciale. Maione, napoletano di origine, è tornato a vivere nella sua città dopo una lunga carriera trascorsa nelle strade. Come lui, tanti si trasferivano dal Sud a Torino, attirando quella che fu un’intera generazione di poliziotti al servizio dello Stato nei suoi anni più bui.
Sfoglia alcune fotografie dell’epoca: la giacca in pelle, i capelli scuri e i baffi folti, abbracciato al suo collega e amico, Aldo Faraoni, per tutti il “questore gentiluomo”.
«Sono passati tanti anni» ricorda con emozione. Ma nei suoi occhi c’è ancora la passione di chi sembra aver lasciato ieri. «Barriera di Milano? Non ci passo da diversi anni» dice. E un ex collega lo aggiorna: «È una polveriera, oggi».
Maione e Faraoni in una foto d'epoca
Maione ricorda nitidamente la rapina al Banco di Napoli in via Domodossola. Era il 1982. «Quel giorno morirono due ragazzi di 26 e 27 anni. Antonio Pedio e Sebastiano D’Alleo. Erano due guardie giurate. Sembrava una rapina come altre, in realtà non erano banditi semplici, ma brigatisti». I responsabili erano tra gli ultimi membri del Partito della Guerriglia, una delle ultime schegge del terrorismo, ormai in disfacimento ma ancora capace di colpire con brutale ferocia.
«Prima li avevano fatti inginocchiare, poi gli hanno sparato alla nuca», ricorda ancora Maione. Sui loro corpi, uno striscione rosso con la scritta “BR”.
Un’esecuzione feroce, oltre ogni logica militare, a puro scopo propagandistico. Un colpo di coda sanguinoso che chiuse una stagione di terrore, pagando con la vita due giovani lavoratori.
Via Millio, Torino: i terroristi di "Prima Linea" scelgono una bottiglieria per un attentato. E' il 1979: uno studente di 19 anni perse la vita in quel drammatico episodio. Si chiamava Emanuele Iurilli
Ma tra i ricordi più toccanti, c’è anche quello di chi ha vissuto tutto da casa. Concetta, seduta a fianco del marito Aldo, racconta con dolcezza e fermezza: «Erano anni in cui c’era da aver paura. Ho sposato Aldo quando avevo 17 anni, tra qualche mese festeggeremo i nostri 50 anni di matrimonio». I due si abbracciano, si fanno fotografare: lo sguardo complice di chi ha vissuto una vita fatta di sacrifici e amore.
Concetta e Aldo sono prossimi alle "nozze d'oro"
«La sera non prendevo sonno se lui non rientrava. Io quel periodo non lo dimenticherò mai, perché i terroristi uccidevano i poliziotti, e lo facevano in un modo terribile. Li chiamavano per nome, come ad affermare che li conoscessero bene. E poi sparavano, freddavano la gente sotto casa, davanti al portone». Non solo terrorismo. La carriera di questi uomini ha attraversato anche il dolore delle tragedie civili.
La notte dell'incendio dello Statuto
È il caso del 13 febbraio 1983, la notte dell’incendio del Cinema Statuto, una delle pagine più nere della cronaca italiana. «Era un ammasso di corpi, tanti li trovammo davanti alla finestra del bagno, accalcati uno sopra l’altro, l’ultimo disperato tentativo di respirare dell’aria» ricorda Francesco, una vita in Polizia, ispettore superiore, poi alle Volanti a Chivasso. Oggi volontario del 118, fu tra gli addetti al recupero dei corpi all’interno del cinema. «C’erano un bambino e una bambina tra quei 64 morti» aggiunge. Fu proprio Maione a comunicare la notizia ai familiari. «Casa per casa, andai dai loro cari. È stato straziante». Nelle foto storiche di quella notte compaiono pompieri, poliziotti e uomini in divisa. Tra loro, anche Luciano Bagatello, oggi padrone di casa al circolo Fioccardo. Negli anni ’80, appena tre giorni dopo l’ingresso in servizio, aveva arrestato in pieno centro uno scippatore in via Po. Da lì fu messo a capo della squadra che sorvegliava la stazione di Torino Porta Nuova. Bagatello ha poi fatto parte delle scorte per magistrati e politici: «A Palermo ho conosciuto alcuni di quelli che sono morti nella strage di Capaci, per proteggere il giudice Falcone».
Presente a tavola anche l’assessore al Commercio, Paolo Chiavarino: «Torino non dimenticherà mai i suoi poliziotti. Questa città vi deve tanto».
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