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Cyberbullismo
16 Luglio 2025 - 13:25
Dopo mesi di indagini, la procura ha mosso i primi passi concreti nell’inchiesta sugli insulti sessisti subiti online da Cristina Seymandi, imprenditrice torinese finita al centro del ciclone mediatico dopo la fine della relazione con l’ex compagno Massimo Segre. Quattro uomini, residenti tra Campania e Veneto, sono stati formalmente indagati per diffamazione aggravata.
Le loro offese, apparse su Facebook all’indomani della vicenda privata, facevano parte della querela presentata dall’avvocato Claudio Strata e raccolgono commenti violenti, volgari e carichi di stereotipi di genere. Uno di questi è ora sotto indagine a Napoli. Gli altri tre casi sono stati trasferiti alla procura di Vicenza.
In un primo momento, il pubblico ministero Roberto Furlan aveva chiesto l’archiviazione dell’inchiesta, ritenendo difficile identificare gli autori dei post, molti dei quali scritti da profili con nomi di fantasia. Ma Seymandi ha deciso di presentare opposizione. Il giudice per le indagini preliminari Lucia Minutella le ha dato ragione, ordinando alla procura di proseguire le ricerche. E oggi quelle parole cominciano ad avere un peso anche in sede giudiziaria.
La memoria della giovane vittima di cyberbullismo, Carolina Picchio, scomparsa nel 2013, è stata richiamata più volte da Seymandi in questi mesi, anche durante la presentazione del suo libro “Antifragile si diventa”, al Circolo della Stampa di Torino. Accanto a lei, volontari, rappresentanti di associazioni territoriali e Ivano Zoppi, segretario generale della Fondazione Carolina, che aveva ricordato: “Le parole fanno più male delle botte. E chi scrive in rete deve ricordarsi che ogni azione ha un effetto sulla vita reale.”
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La vicenda giudiziaria si intreccia così con una battaglia più ampia: quella contro la violenza di genere che si esprime anche attraverso i social, in forma di commenti offensivi, giudizi non richiesti, insulti e svalutazioni. Un fenomeno trasversale che, come ha ricordato l’avvocata Antonella Faieta del Telefono Rosa, “colpisce donne di ogni età e condizione sociale. Cristina Seymandi ha avuto la forza di trasformare l’odio ricevuto in un’occasione di rinascita.” Parte dei ricavi del libro andrà proprio a sostegno delle attività del Telefono Rosa, mentre l’inchiesta giudiziaria continua il suo corso.
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