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Dalla pancia del Piemonte nasce la borraccia: ecco chi l'ha inventata

Dal laboratorio di Torino agli eserciti di mezzo mondo, fino alla poetessa Amalia: l’incredibile avventura di una famiglia e di un’invenzione tutta italiana

Dalla pancia di Torino nasce la borraccia: ecco chi l'ha inventata

Borraccia

Quando si invoca la borraccia per placare la sete, difficilmente si pensa che dietro quell’oggetto tanto comune ci sia l’ingegno di un artigiano piemontese dell’Ottocento. Pietro Guglielminetti, nato a Sambughetto nel 1797, fu il primo a progettare un contenitore portatile in legno capace di mantenere fresca l’acqua.

Dopo aver tentato senza successo di brevettare un prototipo di “carro volante”, si trasferì a Torino e aprì con i figli una bottega specializzata in articoli militari. Lì mise a punto la prima borraccia in legno, robusta e funzionale, apprezzata a tal punto che nel 1853 fu adottata dal Ministero della Guerra del Regno di Sardegna. Il successo fu immediato: solo in quell’anno ne vennero fornite oltre 7.000, cifra raddoppiata durante la guerra di Crimea. A fine secolo, l’azienda Guglielminetti era diventata un punto di riferimento anche per eserciti stranieri come quello inglese, francese e argentino.

Il design evolse negli anni, ma il legno rimase protagonista fino alla Prima guerra mondiale, quando l’alluminio prese il sopravvento. La ditta chiuse nel 1918, lasciando però un segno indelebile nella storia dell’industria militare italiana.

Ma c’è di più. Pietro fu il bisnonno della poetessa torinese Amalia Guglielminetti, figura raffinata e di spicco nella Torino del primo Novecento. Nelle sue memorie, Amalia raccontava con affetto di un mobile di casa in cui erano conservate diverse borracce, incluso un modello “soldatesco” in legno di pioppo. E narrava un aneddoto rimasto celebre in famiglia: nel 1865, durante una visita alla caserma Cernaia, Vittorio Emanuele II chiese a un giovane soldato quale fosse l’oggetto più utile nell’equipaggiamento. "La borraccia", rispose lui. Il re la provò, apprezzò la freschezza dell’acqua e da quel giorno, dice la leggenda, ne portò sempre una con sé nelle battute di caccia.

Una storia tutta piemontese, fatta di invenzione, tenacia e orgoglio artigiano, che ha lasciato il segno ben oltre i confini della Valle Strona.

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