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Il caso

«Oggi tu muori» L’incubo di Maria, 22 anni. Perseguitata per mesi dal padre di suo figlio

L'uomo adesso si trova in carcere a Torino

«Oggi tu muori» L’incubo di Maria, 22 anni. Perseguitata per mesi dal padre di suo figlio

Maria ha 22 anni e si è appena lasciata alle spalle una vicenda dolorosa e difficile. Due anni fa, giovanissima, arriva in Italia per questioni di salute: deve fare delle cure, ha una leucemia, nella sua terra - il Sud America - non ci sono le eccellenze che può trovare a Torino. Poco dopo essere arrivata conosce un ragazzo, un coetaneo, pakistano. Lui la corteggia, lei si innamora. Una relazione che dura qualche mese, e Maria rimane incinta. In quelle settimane la giovane si accorge che l’uomo fa uso di stupefacenti. Lo lascia. Lui non ha nessuna intenzione di riconoscere il bambino. Ma non solo. I suoi atteggiamenti nei confronti della ragazza si fanno pesanti. Comincia a chiamarla, insistentemente, a chiederle soldi, a mandarle migliaia di messaggi al giorno. Vuole il bambino che non ha riconosciuto e lo vuole per ottenere la cittadinanza italiana. Maria non cede. Lui le manda immagini dove si taglia i polsi, la minaccia «non mi interessa se vado in galera, io ti uccido». Maria lo denuncia: ma questo non basta a placare l’ira dell’uomo. Lui comincia a seguirla. E lei a cambiare casa. Maria ha traslocato più volte, per sfuggire a quell’uomo e mettersi al sicuro, lei e il suo bambino. Puntualmente, però, il pakistano riusciva a trovarla e tutto ricominciava da capo. In un pomeriggio di primavera la ragazza va a passeggiare in una via popolare di Torino Nord. Lui l’ha seguita. L’aggredisce e cerca di portarle via il bambino e il cellulare. Maria riesce a sfuggirgli.
«Oggi morirai» le scrive in un messaggio un giorno. La stessa sera si presenta sotto casa della donna. Lei chiama le forze dell’ordine, lui viene arrestato. Comincia l’iter giudiziario. Settimane in tribunale dove Maria, assistita dal suo avvocato Andrea Cagliero, vede anche l’uomo tornare in libertà - a patto che non le si avvicini e che se ne vada da Torino. E invece, non appena l’uomo esce dal penitenziario, si procura un nuovo telefono e ricomincia a chiamarla e minacciarla. Si aprono di nuovo le porte del Lorusso e Cutugno per il pakistano. E arriva la condanna: un anno e due mesi di reclusione, beneficiando del rito abbreviato.

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