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Tradizioni piemontesi
21 Agosto 2025 - 18:05
Il Piemonte, pur non essendo la patria della pasta secca come il Sud Italia, vanta una ricca e variegata tradizione culinaria fatta di paste fresche, gnocchi e ravioli che raccontano la storia delle sue città, delle colline e delle montagne. Dal ripieno più insolito ai formati più antichi, ecco una guida per scoprire le specialità piemontesi meno conosciute, perfetta per leggere ogni menu con occhi esperti.
Gli agnolotti rappresentano forse il simbolo della pasta piemontese più diffuso. Secondo alcuni, avrebbero origini liguri, ma oggi sono una vera icona regionale. Conosciuti anche come agnulot, angelotti o langaroli, hanno tipicamente forma quadrata e sono realizzati con sfoglia di farina e uova, talvolta arricchita da un po’ di Grana Padano.
I ripieni variano notevolmente: nella zona astigiana si trovano con le “tre carni” (maiale, bovino e coniglio), nell’alessandrino con maiale, prosciutto e formaggio, a Novara con borragine, a Marengo con cervella e animelle, nelle Langhe con verza e nel Monferrato con carne d’asino. Tra le ricette più famose spiccano quelle “della Bella Rosina” e “alla Cavour”, quest’ultima condita con la finanziera.
A San Sebastiano Da Po, vicino a Torino, esiste un’interpretazione originale: gli agnolotti di pom matan, farciti con una varietà locale di mela verde e rosa, salsiccia, burro, noce moscata e sale. La sfoglia resta quella tradizionale e il piatto viene celebrato ogni settembre con una sagra dedicata.
Tipici dell’Alta Val Susa e legati alla tradizione occitana, i cajettes (o clèiettes, cagliëtte) sono gnocchi di patate particolari, nati probabilmente a Rochemolles. Si preparano con patate grattugiate crude, pane raffermo e talvolta farina, cipolle, uova ed erbe di stagione. Questi gnocchi allungati e consistenti vengono serviti con burro e salvia, funghi o fonduta, rappresentando un perfetto esempio di cucina povera di montagna.
In Valle Stura troviamo i cruset, pasta fatta solo con farina e acqua (a volte un po’ di uovo), modellata a mano e dal bordo leggermente concavo, simile alle orecchiette pugliesi. Tradizionalmente si condiscono con bagna grisa, una salsa di formaggio stagionato fuso con panna, cipolla e aglio, oppure con sughi di porri, patate e timo.
Nella Val d’Ossola esistono gnocchi che vanno oltre la semplice patata: alle patate si aggiungono zucca, farina di frumento e di castagne, uova e un pizzico di noce moscata. Antichi quanto le comunità montane che li prepararono già nel Cinquecento, oggi si gustano in autunno e inverno con burro d’alpeggio, funghi o sughi simili alla bagna grisa.
I plin sono piccolissimi agnolotti, riconoscibili dal gesto del pizzicotto che chiude il ripieno tra pollice, indice e medio. La farcitura può includere arrosto di vitello, coscia di maiale, spinaci, Parmigiano, coniglio, cavolo verza o scarola. Serviti con burro e salvia o sugo di arrosto, i plin sono ormai un piatto famoso anche fuori dal Piemonte.
Nella Valle Varaita, a Melle, si preparano le ravioles, simili a gnocchi allungati e farciti con patate, formaggio Tumin dal Mel, uova e farina. Sono perfetti con burro d’alpeggio o fondute di formaggi locali. Versioni simili si trovano tra le comunità Walser dell’Alto Piemonte, dove la cucina bianca privilegia formaggi e latticini.
Impossibile visitare il Piemonte senza assaggiare i tajarin, sottili tagliolini all’uovo dal colore giallo intenso, dovuto all’alta proporzione di tuorli (fino a 40 per chilo di farina). Originari di Langhe e Roero, erano apprezzati da Vittorio Emanuele II con burro, funghi e animelle. Tra gli abbinamenti moderni: ragù langarolo, sugo d’arrosto cuneese, salsiccia di Bra e tartufo bianco di Alba.
Il Piemonte, tra montagne, colline e campagne, offre quindi un patrimonio di pasta fresca e gnocchi unico in Italia, dove ogni formato racconta storie antiche e territori distinti.
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