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LUOGHI&CURIOSITà

Quella volta che New York "copiò" Torino (o quasi)

Ecco cosa hanno in comune la città sabauda e la Grande Mela

Quella volta che New York "copiò" Torino (o quasi)

Una volta, si diceva che New York avesse copiato Torino. Potrebbe suonare come una leggenda metropolitana, ma guardando due edifici iconici, uno nella storica Torino e l'altro nell'immensa metropoli americana, la curiosità è inevitabile. La sfida architettonica più audace di Torino, conosciuta come la "Fetta di Polenta", creata dall'ingegno di Alessandro Antonelli già nel lontano 1840, sembra anticipare l'iconica forma del celebre Flatiron Building di New York, costruito più di sessanta anni dopo.

La Casa Scaccabarozzi, così chiamata ufficialmente, è un vero miracolo di ingegneria e creatività: un edificio stretto, con una curiosa pianta trapezoidale e uno dei suoi lati che misura appena 54 centimetri. Il suo colore giallo ocra ricorda una fetta di polenta, da cui il soprannome. Antonielli progettò questa costruzione per dimostrare che anche uno spazio apparentemente inutile poteva ospitare una struttura abitativa degna di nota. Lui stesso vi abitò con la moglie, Francesca Scaccabarozzi, per dimostrare la solidità della sua idea, sfidando chi credeva che un edificio così sottile sarebbe crollato. 

L'edificio prende il nome dal caratteristico colore giallo e dalla forma molto stretta e triangolare, che ricorda appunto una fetta di polenta. 

Dall'altra parte dell'oceano, il Flatiron Building di New York, con la sua forma triangolare e slanciata, è divenuto un simbolo di modernità e forza per la città di Manhattan. Costruito nel 1902, è molto più grande e monumentale, ma la somiglianza con la "Fetta di Polenta" torinese è sorprendente. Una struttura che, più di mezzo secolo prima, aveva già sfidato le norme dell'architettura tradizionale, trasformando un terreno quasi dimenticato in un capolavoro di audacia e ingegno. Non ci sono prove di un'ispirazione diretta, ma appena le vedi il confronto è immediato. 

E che sia vero o meno, è bello pensare che un torinese, girando tra le caotiche streets della Grande Mela, possa ritrovare un qualcosa di familiare che gli ricordi casa, anche a 6mila chilometri di distanza.

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