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il mistero
06 Settembre 2025 - 08:10
Gli scatti senza veli di Erika Pierno
Una foto senza veli, scattata in un appartamento nel quartiere torinese di Cit Turin, in via Duchessa Jolanda angolo via Beaumont. «Qualcuno riconosce questa casa?», si chiede la trasmissione “Chi l’ha visto?”. E dopo ben 32 anni torna in auge il giallo di Erika Pierno, una ragazza di Torino all'epoca 21enne (se fosse ancora viva, oggi avrebbe 54 anni) svanita nel nulla la sera del 26 luglio 1993. Una ragazza giovanissima che era precipitata nel tunnel della droga, di cui però Torino sembra essersi dimenticata. Ma non sua madre Pina, che in tutti questi anni non ha mai smesso di cercare la sua Erika.
L’appello in televisione
«Qualcuno riconosce questa casa? Scoprire esattamente quale fosse potrebbe essere utile a spiegare il mistero della sua scomparsa, avvenuta un anno e mezzo dopo. Cosa è successo alla ragazza?», è l’appello lanciato nel corso dell’ultima puntata della nota trasmissione Rai “Chi l’ha visto?”. Era l’11 dicembre 1991, quando lo scatto era stato realizzato. «Scrivo da Torino per il caso Erika Pierno - sono le parole di una spettatrice della trasmissione - e guardando la puntata ho riconosciuto la lavorazione dei vetri artistici di una nota azienda artigiana di Torino. Quella statuina sembra proprio una ceramica sarda. Dietro l’immagine di Erika ci sono delle foto. Non possono essere di aiuto?».
Il giallo di Erika
Le tracce di Erika Pierno si sono perse una mattina d'estate di 32 anni fa, per la precisione il 26 luglio del 1993. E proprio nello stesso giorno, è cominciata la battaglia della madre della giovane allora 21enne, Pina Matafù. Fu Pina stessa ad indicare, agli investigatori della Squadra mobile di Torino, alcune piste da seguire per rintracciare sua figlia. Lo fece partendo dal mondo torbido in cui viveva Erika: i problemi con la tossicodipendenza, le notti trascorse al parco della Pellerina per pagarsi la droga, quel fidanzato, anche lui tossicodipendente, partito per la Spagna per disintossicarsi presso una comunità. Erika Pierno, si sperava all’inizio, potrebbe averlo raggiunto. Magari per disintossicarsi anche lei. Ma non fu così. E senza sbocchi era stata anche la pista, di un commerciante di Roma, di cui Erika aveva parlato con mamma Pina. Un cliente, abbastanza facoltoso, che pare le avesse regalato o promesso un paio di scarpe bellissime. Chiamato in questura, l’uomo aveva ammesso di avere frequentato Erika, negando tuttavia di avere a che fare con la scomparsa. Versione credibile, secondo gli investigatori, che arrivarono poi in via Vicenza, nell'ultima casa in cui Erika aveva vissuto, ospite di un altro amico. Anche lui estraneo ai fatti. Qualche anno dopo, però, mamma Pina trovò in un cassetto un plico di fotografie che riportavano sul retro un indirizzo: via Duchessa Jolanda. La ragazza vi era ritratta in atteggiamenti particolari, svestita, trucco pesante, sguardo assente, le due pistole incrociate con una rosa rossa tatuate sulla spalla sinistra in primo piano. Sullo sfondo, un appartamento elegante con vetrate in stile art nouveau, un talismano appeso al muro, una statua di porcellana bianca sul comò. Dettagli che si sperava potessero tornare utili per risalire all'autore degli scatti (in uno di questi l’allora 21enne Erika Pierno era ritratta con un machete in mano), qualcuno che potesse aiutare gli investigatori a ricostruire un pezzo di questa vita difficile. Quell'alloggio, però, non venne trovato. Il contesto di quel servizio fotografico aveva dei tratti marcatamente amatoriali, ma c’è chi ha sospettato che la giovanissima Erika fosse finita in un giro pericoloso, magari legato agli “snuff movie” (nel gergo della cinematografia, quelle pellicole che riprendono torture realmente messe in pratica durante la realizzazione dei film, a volte culminati con la morte della vittima) o alla pornografia. Nel 2013, il 23 maggio, una parente di Erika ha chiesto al tribunale di Torino di pronunciarsi sulla presunta morte della ragazza. Ma la madre, Pina Matafù, si è sempre rifiutata di dichiarare morta sua figlia. Un mistero irrisolto dopo 32 anni. Che ora si riaccende con l’appello in televisione.
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