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Il caso

Due metalmeccanici su tre in cassa integrazione, Torino è la più colpita in tutta Italia

Secondo l'analisi Fiom, su un totale di 90mila dipendenti, 62mila ricorrono ad ammortizzatori sociali

Due metalmeccanici su tre in cassa integrazione, Torino è la più colpita in tutta Italia

Foto di repertorio

Negli ultimi mesi la metalmeccanica torinese ha conosciuto una fase di forte difficoltà, testimoniata dal monitoraggio della Fiom-Cgil Torino. Secondo i dati raccolti su 741 aziende appartenenti a otto macrosettori, su un totale di circa 90mila dipendenti, il 69% dei metalmeccanici torinesi è interessato dalla cassa integrazione. In termini assoluti significa oltre 62mila lavoratori coinvolti, con un peso particolarmente marcato del comparto automotive, che da solo rappresenta il 59% del totale. Un dato che assume ancora più rilievo se si considera che nel 30% dei casi le imprese coinvolte sono multinazionali, aziende in cui si concentra circa il 40% degli addetti.

In questo contesto è intervenuto anche il segretario generale della Fiom torinese, Edi Lazzi, che ha descritto l’attuale situazione come una fase di vera e propria frenata dell’industria metalmeccanica. Lazzi ha ricordato come a Torino si parli spesso del settore aerospaziale, ma ha sottolineato che il suo peso è marginale rispetto all’automotive e che “tutto il resto è cassa integrazione”. Da qui la richiesta a Stellantis di portare a Mirafiori nuovi modelli oltre alla 500 ibrida e la preoccupazione per il destino degli impiegati e dei tecnici Iveco dopo la cessione dell’azienda a Tata Motors. Le sue dichiarazioni sono arrivate in occasione della presentazione della festa della Fiom Torino, in programma dal 17 al 20 settembre alla cartiera di via Fossano. L’iniziativa si aprirà con la presenza del segretario nazionale Michele De Palma, prevede nella giornata del 18 settembre un incontro con il sindaco Stefano Lo Russo e il 19 settembre con il presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio, oltre a dibattiti, tavole rotonde e momenti di confronto sul futuro dell’industria.

Il ricorso massiccio agli ammortizzatori sociali in Piemonte non è un fenomeno episodico ma la conferma di una tendenza che va avanti da tanto tempo. Nel 2024 le ore autorizzate di cassa integrazione nella regione sono state oltre 51 milioni, con un incremento del 64% rispetto all’anno precedente. La crescita non si è arrestata nel 2025: nei primi sei mesi le ore autorizzate hanno superato quota 37 milioni, con un aumento del 68% rispetto allo stesso periodo del 2024. Torino si conferma la provincia più colpita a livello nazionale, con oltre 14 milioni di ore richieste in soli sei mesi, una quantità superiore a quella registrata in qualunque altra area del Paese.

Secondo la Cisl Piemonte oltre 10mila lavoratori sono oggi considerati a rischio, tra operai diretti e indotto. Le difficoltà non risparmiano nemmeno stabilimenti storici come quello di Mirafiori, che negli ultimi anni ha perso circa 2mila addetti attraverso esodi incentivati e si è progressivamente ridotto a circa 10mila occupati, meno della metà rispetto a 10 anni fa. Il quadro è aggravato da una serie di fattori concomitanti: calo della domanda, aumento dei costi energetici e delle materie prime, difficoltà a sostenere gli investimenti necessari per affrontare la transizione all’elettrico e ai nuovi standard ambientali richiesti dall’Unione europea.

In questo scenario già complesso si inserisce la vicenda di Iveco, l’azienda al centro di un’operazione che porterà Tata Motors ad acquisire la divisione veicoli commerciali per 3,8 miliardi di euro, mentre la parte difesa passerà a Leonardo per 1,7 miliardi. Nell’intesa è stato inserito un impegno formale a non chiudere stabilimenti né ridurre la forza lavoro per almeno 2 anni, ma si tratta di una garanzia temporanea, insufficiente a cancellare del tutto i timori sul medio e lungo periodo. Le organizzazioni sindacali hanno sottolineato come la vera prova della solidità dell’operazione sarà rappresentata dal piano industriale che Tata intende presentare, perché solo la chiarezza sugli investimenti, sulla salvaguardia delle funzioni produttive e direttive in Italia e sulla continuità delle attività di ricerca potrà trasformare la cessione in un’opportunità. Proprio per questo Uilm ha chiesto un confronto diretto con i nuovi acquirenti e con il Governo per ottenere rassicurazioni dirette.

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