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L'evento a Torino
01 Ottobre 2025 - 11:16
Fermarsi ad ascoltare. Dare spazio alle storie che di solito restano ai margini. Guardare il mondo non dai suoi centri, ma dalle sue ferite. È la proposta del Festival della Missione 2025, presentato ieri alla Facoltà Teologica e in programma a Torino dal 9 al 12 ottobre, promosso da Fondazione Missio, Cimi e Arcidiocesi di Torino. Il tema scelto per questa edizione è “il Volto Prossimo”, ispirato alla parabola del buon samaritano. «Oggi ha ancora senso la missione? Io sono certo di sì - ha dichiarato monsignor Marco Prastaro, vescovo di Asti, intervenendo alla presentazione del Festival. Questo evento ci aiuterà a vederlo e a sentirlo, perché il Vangelo ha la forza di cambiare la vita delle persone ed è stato capace anche di trasformare la storia dei popoli. L’incontro con l’altro è un incontro che mi svela il volto di Dio». Monsignor Alessandro Giraudo, vescovo ausiliare di Torino, ha poi evidenziato che «questo Festival si affianca al Festival dell’Accoglienza: due movimenti che si intrecciano, quello dell’accogliere chi arriva con la sua unicità e quello dell’andare verso i confini del mondo. La fede è desiderio di conoscere il volto dell’Altro: questo Festival è occasione per allargare lo sguardo e il cuore, per far risuonare nella città parole diverse. Significativa la scelta dei luoghi: la chiesa di San Filippo Neri nel cuore della città, il luogo della cultura, Facoltà Teologica, e la vivacità di Piazza Castello».
Don Giuseppe Pizzoli, direttore di Fondazione Missio-Cei ha poi sottolineato: «Il Festival della Missione è occasione di collaborazione piena tra tutti gli organismi missionari in Italia. Un ruolo fondamentale è stato quello dell’Arcidiocesi di Torino, che ci ha aperto le porte e dato un contributo straordinario». Sul legame tra il Giubileo del mondo missionario e il Festival, padre Fabio Baldan, presidente della Cimi, ha ricordato: «La prima dimensione è quella del camminare insieme: abbiamo dimenticato la bellezza di guardarci negli occhi. L’altro elemento è la speranza: siamo in tanti a sognare un futuro segnato dalla fraternità». Ad aprire il Festival sarà Luciana Littizzetto, che raccoglierà lo spirito del «pellegrinaggio laico per le periferie umane», sette cammini che attraverseranno la città, passando per luoghi e storie segnati da migrazione, educazione mancata, dipendenze, reclusione, abbandono e solitudine, per poi confluire a San Filippo Neri. Si parlerà di economia, con Jeffrey Sachs e Luigino Bruni, a partire dalla campagna Caritas per il condono del debito, e con Gaël Giraud e Leonardo Becchetti sulle nuove possibilità di fraternità globale. Non mancherà lo spazio per guardare al ruolo delle donne nella Chiesa, i temi della fede e delle comunità Lgbtq con la teologa Teresa Forcades. E ancora di giustizia riparativa, con Leonardo Di Costanzo, regista di Elisa, presentato alla 82ª Mostra del Cinema di Venezia 2025 e vincitore del Premio Signis, e con Diane Foley, madre del giornalista James Foley ucciso dall’Isis, che nel 2021 ha scelto di incontrare uno degli assassini del figlio.
Il cuore della manifestazione sarà sabato 11 ottobre in piazza Castello con l’evento “Disarmati. Volti della resistenza”, che vedrà sul palco Kim Aris (figlio di Aung San Suu Kyi), Taghi Rahmani (marito della Nobel per la Pace Narges Mohammadi), il regista palestinese Badel Adra (No Other Land) e l’attivista israeliano Yonatan Zeigen, figlio della pacifista Vivian Silver, insieme a don Luigi Ciotti e suor Azezet Habtezghi Kidane. Nel corso della presentazione del programma del Festival della Missione è intervenuto César Piscoya, missionario laico agostiniano e consulente del Celam, che ha ricordato le «tre cose che caratterizzano l’esperienza missionaria di Robert Prevost: la sinodalità, la giustizia sociale e la corresponsabilità tangibile. Sono elementi che hanno radici in una diocesi, quella di Chiclayo e che Prevost ha interpretato con umiltà e vicinanza alla gente». Ha poi portato la sua testimonianza suor Natalina Isella, missionaria in Repubblica Democratica del Congo da quasi cinquant’anni, che ha raccontato l’esperienza di Casa Ek’Abana a Bukavu: «Quando sono arrivata, la città era piena di bambini per strada, molti accusati di stregoneria. Nessuno se ne occupava e ho iniziato io. All’inizio erano 9 bambine, poi 50. Abbiamo imparato a gestire le relazioni creando pace e avviando percorsi di perdono con le famiglie». È inoltre intervenuta Paola Casagrande — vicepresidente di Fondazione CRT, main partner del Festival — evidenziando la condivisione da parte della fondazione di origine bancaria «degli stessi valori: missione significa prendersi cura degli altri. Torino ha nel suo DNA il fare, oltre che il parlare: da don Bosco a Pier Giorgio Frassati».
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