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Il caso
18 Ottobre 2025 - 16:26
«Il Movimento è piatto, dimesso, “rassegnato”». L’ex sindaca di Torino Chiara Appendino durante l’assemblea congiunta dei parlamentari 5S di martedì scorso era stata risoluta: «Dobbiamo metterci tutti in discussione e lo faccio io per prima», avrebbe detto. Dichiarando poi che avrebbe comunicato a breve se si sarebbe dimessa o meno. E questo «a breve» è arrivato oggi.
Un messaggio che ha fatto balzare dalla poltrona l’ex premier e numero uno del Movimento Giuseppe Conte, appena riconfermato ai vertici 5S, ma non solo. Un gesto che vuole avere il preciso intento – parrebbe – di risvegliare le coscienze del Movimento ispirato dal grillino «V-day». Che voleva essere una sollevazione del popolo contro la «casta», sovvertendo le regole della politica italiana, ma che oggi, sembra più abbia imparato a sguazzarci dentro.
Alleanze che snaturano
Lo dimostrerebbero, secondo Appendino, le alleanze più o meno malcontente con il centrosinistra, e in particolare con il Pd. «L’alleanza in Toscana non l’avrei mai fatta», avrebbe sbottato l'ex sindaca. E a Torino l’impossibilità di una “concordia istituzionale”, se così potrebbe essere definita quella tra Appendino e il sindaco Stefano Lo Russo, in vista di un campo largo elettorale, sembra essere chiara da tempo. Tranchant alla Festa dell’Unità appena il mese scorso – che era stato solo l’ultima di una serie di stilettate al sindaco –, dove diceva chiaro e tondo «No» a Lo Russo, negando anche in modo netto che ci fosse “qualcosa di personale” (anche se era stato proprio lui nel 2021 a spodestarla dal ruolo di prima cittadina). «Sarebbe bello, lo risolveremmo davanti a un caffè se fosse una cosa personale», aveva detto.
E anche in quell’occasione un po’ lo spauracchio l’aveva fatto venire: «Non posso essere protagonista io. E non può neppure chi governa questa città. Serve discontinuità», aveva dichiarato facendo subito un passo indietro e zittendo quanti si chiedevano se avrebbe dato il suo “placet” al Lo Russo bis.
L'inquietudine torinese
Ma i “suoi” a Torino non erano stati altrettanto netti: «Più che di alleanze bisogna guardare ai programmi», la posizione del capogruppo a Torino Andrea Russi. Forse memore che alla scorsa tornata la “sua” candidata sindaca Valentina Sganga aveva appena superato soglia 9%.
Oggi il capogruppo sottolinea che, per come stanno le cose adesso e per le ultime derive «ultra-sinistroidi», Lo Russo sia «per il nostro elettorato invotabile». Tra gli ultimi strappi a far tentennare Moderati e Demos dagli scranni della maggioranza, per la virata a sinistra del sindaco, la tanto vituperata delibera sulle politiche per l’abitare «Vuoti a rendere». Osteggiata dall’opposizione, ma anche da quella parte della maggioranza (Moderati e Demos, per l’appunto), che la considerano «ideologica e divisiva». Così che, mentre Avs “festeggiava” la sua approvazione, il sindaco non si era mai fatto vedere in Aula, né aveva detto la sua.
Spazio al nuovo?
Ora, però, senza i “bastoni tra le ruote” di Appendino, la domanda si fa lecita. I 5 Stelle cederanno a un’alleanza di campo largo in Piemonte e a Torino? «Noi a Torino manteniamo il 10% – rivendica Russi –, in Regione il 7,7% è stato un buon risultato». «Il tema delle alleanze contronatura esiste, così come quello dell’identità. Abbiamo perso tante persone per strada». Sembrerebbe, insomma, che un lavoro di "rimessa in gioco", se non di ripensamento, da parte del Movimento, serva comunque. Ma i risultati di Marche (5%), Calabria (6%) e Toscana (4%) sono poco incoraggianti. Le discussioni interne vanno rimandate dopo il voto in Campania, si era detto. Ma questo potrebbe, senza dubbio, essere un acceleratore.
Appendino, sul fronte delle comunicazioni ufficiali, non chiarisce o specifica nulla, lasciando tutti, per ora, un po' di sasso: accecati dalla polvere negli occhi.
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