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Il caso
23 Dicembre 2025 - 05:43
Nuovo capitolo nella lunga vicenda che coinvolge gli ambulanti di Torino, che a causa del fallimento del Cism, l’ex consorzio dei mercati torinesi, oggi si ritrova tra capo e collo il conto da pagare.
E’ il motivo per cui il consigliere comunale Giuseppe Catizone (Lega), durante un question time nelle scorse settimane, ha chiesto la sospensione immediata delle richieste di pagamento inviate dalla Città, «in attesa di verificare quali utenze siano effettivamente private».
Nelle ultime settimane, infatti, numerosi operatori dei mercati avevano ricevuto sul portale dedicato alla prenotazione del plateatico richieste di saldo per consumi, in alcuni casi mai effettuati. Da lì era scattata la diffida del GOIA – Fenapi, associazione di categoria, al Comune.
«Pagamenti ingiustificati e inaccettabili. C’è chi non si è mai allacciato a quelle utenze e non ha mai usufruito dei servizi», denuncia il presidente Giancarlo Nardozzi.
La diffida del Goia chiede due interventi immediati: sospendere tutte le richieste contestate e non subordinare il rinnovo delle concessioni al pagamento di somme forfettarie e non dimostrate. Lanciando anche una campagna di raccolta istanze di autotutela per chiedere la revisione immediata delle bollette. Già in sole 24 ore, centinaia di ambulanti hanno aderito.
«Non si tratta di non voler pagare – spiega Nardozzi – ma di pagare solo ciò che si consuma. Non è accettabile che vengano richiesti fino a 400 euro a operatori non allacciati alla rete».
Ma sul punto la replica dell’assessore al Commercio Paolo Chiavarino è precisa e puntuale: «Avevamo chiesto in più occasioni di segnalare eventuali utenze private, ma solo un mercato ci ha risposto», replica. E aggiunge poi che i criteri di ripartizione si sarebbero basati «sui giorni di presenza segnalati».
L’associazione, però, resta perplessa sulle stime di 900mila euro di debiti cumulate dal consorzio. «Se in 8 mesi il consumo reale di tutta la categoria è di circa 130mila euro, come si giustificano le cifre richieste in precedenza?» si chiede ancora Nardozzi. «La nostra è una battaglia per la giustizia economica», conclude infine.
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