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L'ALLARME
13 Settembre 2023 - 07:08
Liste d’attesa troppo lunghe nella sanità pubblica e costi inaccessibili, se non con una polizza, negli ambulatori o nelle cliniche private. Così, quasi due torinesi su tre, rinuncerebbero a curarsi. Solo il 33% degli intervistati dall’ultima inchiesta condotta dall’Osservatorio di UniSanità e Nomisma, infatti, ha dichiarato di rivolgersi al medico con regolarità per prevenire le malattie attraverso analisi del sangue o delle urine. In calo dal 42% dello scorso anno e decisamente inferiore alla media nazionale del 41%.
Allarme prevenzione
Un gioco di specchi, se si pensa che oltre una famiglia su dieci avrebbe già sottoscritto il contratto con un’assicurazione dopo la pandemia di Covid e, nel frattempo, proprio ai privati la Regione ha chiesto di smaltire l’arretrato del pubblico. UniSanità, però, lancia un vero e proprio «allarme» con gli “exit poll” che, periodicamente, «sondano l’attitudine alla prevenzione degli italiani» e, quest’anno, ha riscontrato come «il numero di torinesi che svolgono controlli regolari sia diminuito nettamente rispetto all’anno scorso, in controtendenza rispetto alla media nazionale e anche alle altre città oggetto dello studio».
Indagine su Torino
Il dato è ben più basso di quello registrato nel 2022 mentre aumenta, invece, la percentuale di quanti dichiarano di curarsi solo soffrono di un disturbo o una malattia - percentuale che si impenna dal 36% al 48% - mentre resta sostanzialmente stabile la quota di chi dice di non fare nulla di particolare per tutelare la propria salute al 9% contro il 10% registrato l’anno passato. Andando ad approfondire i singoli esami, le analisi del sangue risultano il controllo più effettuato: lo hanno svolto nell’ultimo anno circa tre persone su quattro (74%). Al secondo posto l’esame delle urine, che più di uno su due (54%) ha effettuato negli ultimi dodici mesi.
Priorità e rinunce
Più trascurati altri esami importanti, come la visita dermatologica per il controllo dei nei: due intervistati su tre - circa il 66% - dichiarano di aver fatto l’ultima visita di questo tipo «molti anni fa», oppure, «mai». Solo il 17% negli ultimi dodici mesi. Guardando al campione femminile, inoltre, emerge come poco più di un terzo delle donne, invece, si sia sottoposta a una visita ginecologica nell’ultimo anno (39%), con più di una su quattro (28%) che addirittura non ha mai svolto questo controllo o non lo effettua da molti anni. Solo il 32% dice di essersi sottoposta a un “pap test” nell’ultimo anno.
«Attese infinite»
«Da quanto emerso, la difficoltà ad accedere alle cure risulta un ostacolo importante: tra chi non ha svolto alcun controllo nell’ultimo anno, ben il 21% dà come motivazione i tempi di attesa troppo lunghi, e il 20% i costi troppo elevati» spiegano dall’Osservatorio Sanità. «Ma c’entra anche una scarsa cultura della prevenzione». La tendenza a fare visite solo quando ci si sente poco bene e, soprattutto, la convinzione di non averne bisogno.
«Effetto Covid»
«Lo screening ha subito una battuta d'arresto durante la fase pandemica che ha interessato in maniera importante la città» commenta il direttore generale dell’Asl, Carlo Picco, secondo il quale il sistema sanitario di Torino, proprio in quel periodo, «ha dimostrato comunque una grande capacità di reazione con una delle più imponenti e organizzate campagne vaccinali. Questo può avere causato nella popolazione una voglia di normalità e di demedicalizzazione». E la risposta del pubblico non si farà attendere. «Stiamo attivando delle campagne di prevenzione per ricondurre i cittadini a stili di vita adeguati e ad attività preventive» aggiunge Picco. «Venerdì, sabato e domenica saremo attivi allo Sporting con “Tennis and friend” dove eseguiremo centinaia di visite e accertamenti gratuiti e continueremo come Asl a scendere in piazza prossimamente ad esempio con la giornata del cuore nel prossimo autunno. La rete oncologica, poi, sta riorganizzando lo “screening” e la campagna vaccinale antinfluenzale con la nuova logistica è andata molto bene». Proprio a Torino, conclude Picco, «abbiamo sviluppato un modello di vaccinazione per pneumococco e herpes zooster che è diventata modello ed e è stata ripresa dal piano nazionale».
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