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ATENEO NELLA BUFERA
26 Maggio 2024 - 12:07
Intifada studentesca a Palazzo Nuovo
Un “ultimatum” è arrivato dall’Università degli Studi di Torino ma, quasi certamente, gli studenti dell’Intifada non libereranno le aule per la ripresa regolare di lezioni, esami e corsi. Questo, almeno, quanto annunciano loro di fronte alla richiesta arrivata dal Rettore, Stefano Geuna, ormai al centro di un fuoco incrociato di polemiche e per il quale non sono mancate nemmeno autorevoli richieste di dimissioni.
Al tredicesimo giorno di occupazione degli atenei, però, sembra più semplice riuscire a incontrare studenti, finalmente, pronti a parlare senza censure della protesta contro Israele che, ormai da mesi, infiamma Torino. Come l’iraniano Alisina, che racconta di importanti eventi cancellati nell’aula magna del Politecnico e di come tutti ne escano danneggiati. «In particolare gli studenti che desiderano utilizzare le sale della loro università per la loro crescita. Insomma, vogliamo studiare». Studenti che si sentono derubati del diritto allo studio a fronte di rette non certo esigue. Sullo stesso punto si trova d’accordo Silvano, ormai, al quinto anno.
Alisina
Lui è convinto che manifestare sia «sacrosanto», ma ne contesta i metodi. «Siamo rimasti dispiaciuti nel constatare che i rappresentanti del Senato accademico si siano dimostrati sordi alle richieste degli altri studenti di diminuire o rivedere i toni della protesta». E così, tra lezioni che saltano e preghiere con tanto di “imam per un giorno”, c’è chi si sente accusare di xenofobia perché a scuola vorrebbe semplicemente studiare. «Mi hanno tacciato d’essere un negazionista del genocidio. Purtroppo per alcuni collettivi un pensiero divergente dal loro equivale ad una fede antisionista e fascista». Simone va dritto al punto, visto che è rappresentante degli studenti in Senato Accademico. Studia Ingegneria energetica, ma conosce anche molto bene le regole dell’ateneo. Sulla presenza di Brahim Baya nelle università il 23enne cita lo Statuto. «Le università devono essere luogo di ricerca nel quale vige un pensiero laico. Non dovrebbe esser permessa nessuna diffusione da parte di esponenti religiosi» spiega, raccontando di essersi anche esposto in prima persona a riguardo. «Ho ricevuto diversi messaggi di supporto, paradossalmente anche da parte di persone a favore dell’occupazione».
Sara & Elena
Si poteva trovare un altro modo, più democratico, di protestare? Secondo lui «sì». Perché «la popolazione studentesca condivide, in gran parte, le loro stesse idee, ma è assolutamente in disaccordo sull’occupazione». A trovarla utile, insomme, sarebbe solo chi continua a dormire in tenda come fosse al camping. Ma loro, gli “acampados” che ne pensano? Sara e Elena, fin dal primo giorno, vivono a Palazzo Nuovo. E non hanno certo intenzione di andarsene. «Questo è un boicottaggio accademico. Il blocco della didattica è finalizzato all’interruzione dei rapporti con le accademie israeliane e le aziende belliche che sostengono il genocidio» spiegano le due ragazze.
Simone
Tende a oltranza, finché non otterranno cosa vogliono. Ma cosa? Che il Senato accademico dia «voce» e «sostenga la protesta» in nome della democrazia. «In modalità democratica non ci è permesso interfacciarci con nessuno per esporre il nostro pensiero» sottolineano Sara e Elena che anche a Baya sembrano non aver nulla da biasimare. «Le parole di Brahim non erano violente. Pero’ il dibattito pubblico trovava più comodo dire il contrario». Per loro la preghiera a Palazzo Nuovo sarebbe stata, solo, «una delle tante attività che c’è stata durante l’occupazione, non il suo fulcro». Mentre parlano arriva il corteo del movimento femminista “Non una di meno” di cui tanti attivisti condividono i valori. «Noi veniamo accusati di difendere Hamas e gli stupri ma è falso». Per loro, però, «Hamas è solo una delle forze del popolo palestinese, la guerra è da sempre terribile con le sue morti e le violenze» mentre «le donne in Palestina sono perno di una società che le vede al centro della resistenza esattamente come gli uomini che combattono imbracciando le armi». Decisamente più duro il giudizio sul Rettore del Politecnico, invece. «Un uomo politico che schiera sicurezza in borghese».
Silvano
Solo su una cosa concordano entrambe le “fazioni” degli studenti. L’opinione sul Rettore di UniTo, Stefano Geuna. «Non ha svolto i suoi compiti come avrebbe dovuto. Non ha tutelato coloro che volevano frequentare le lezioni e non si è esposto abbastanza. Per gli occupanti, Geuna è un «burattino che non si è mai fatto vedere prima della polemica su Baya».
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