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Chip nel cervello
06 Marzo 2025 - 06:30
Nel panorama delle innovazioni tecnologiche, poche storie suscitano tanto interesse quanto quella di Noland Arbaugh, il primo paziente a ricevere un impianto cerebrale sperimentale da Neuralink, l’azienda fondata da Elon Musk. Dopo un tragico incidente nel 2016 che lo ha lasciato paralizzato, Arbaugh ha trovato una nuova speranza in un microchip impiantato nel suo cervello, un dispositivo che gli permette di interagire con la tecnologia semplicemente con il pensiero.
In quello stesso anno, Elon Musk fondò Neuralink, una startup con l’ambizioso obiettivo di sviluppare impianti cerebrali. Arbaugh divenne così il primo paziente a ricevere un dispositivo sperimentale chiamato “Telepathy”, un'interfaccia neurale (Brain-Computer Interface, BCI) che consente di decodificare i segnali cerebrali e trasformarli in comandi digitali. Grazie a questa tecnologia, Arbaugh è ora in grado di controllare un computer con il pensiero, navigare sul web e persino giocare ai videogiochi.
Oggi, a 30 anni, Arbaugh racconta con entusiasmo la sua esperienza, che definisce una vera e propria rinascita. “Sono rimasto sbalordito da quello che Neuralink stava cercando di fare”, ha dichiarato in un’intervista a WiredUS. “Elon Musk ha avuto un impatto enorme sul mondo, al di là di come lo valuti la gente. È stato davvero bello sapere che era coinvolto in una cosa del genere”. Arbaugh si sente in sintonia con Musk, condividendo la sua visione di voler migliorare la vita umana attraverso la tecnologia. I risultati sono stati immediati: subito dopo l’intervento, gli è stato mostrato uno schermo con i segnali cerebrali in tempo reale, e ogni movimento del suo indice faceva registrare un picco di attività. “Ho pensato: ‘Che figata!’”, ha raccontato.
Tuttavia, non tutti condividono l’entusiasmo per questa innovazione. Il Guardian ha sollevato dubbi sul potenziale impatto delle operazioni di Musk, in particolare sul rischio che un miliardario possa accedere ai pensieri intimi delle persone, sollevando preoccupazioni legate alla privacy e all’etica. Il quotidiano britannico ha lanciato un allarme: stiamo forse assistendo all’inizio di una distopia in cui la tecnologia viene utilizzata per scopi poco chiari e pericolosi?
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