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IL REPORTAGE
14 Settembre 2023 - 06:30
Il “gran bazar” di Porta Nuova apre alle cinque in punto, ogni mattina, per chiudere attorno a mezzanotte. Quando gli enormi portoni scorrevoli di legno e vetro chiudono l’atrio centrale che affaccia su piazza Carlo Felice e dagli ingressi laterali, su via Sacchi e via Nizza, escono a passo spedito i passeggeri dell’ultimo interregionale arrivato puntualmente in ritardo da Milano Centrale. Un piccolo universo in cui si incrociano senzatetto in cerca di carità, migranti in fuga verso la Francia e manager in attesa dell’alta velocità sulle poltrone dell’Harry’s Bar.
Luci e ombre
La stazione sembra fare da prisma della città, raccogliendone la luce e rifrangendola nei suoi diversi colori. Facendone quasi dimenticare le ombre che assediano la stazione con i suoi fantasmi, le cento contraddizioni che animano il terzo scalo italiano per numero di passeggeri. Almeno 70 milioni di viaggiatori, turisti e pendolari ogni anno, infatti, si fanno largo tra decine di clochard e tossicodipendenti che si alternano nella questua per qualche spicciolo. Elemosina da spendere per un cartoccio di vino d’accatto o una dose di crack a buon mercato, appena oltre il portico, per le strade di San Salvario. Dove, a due passi dal “salotto buono” di Torino e ad ogni ora, abbondano i pusher.
«Viviamo in un film»
Marzia, 56 anni, sta finendo le pulizie in uno dei locali di servizio verso le sette di sera. Mentre l’altoparlante annuncia l’ultimo convoglio della giornata per Roma e Napoli, esce a fumare una sigaretta per godersi la luce del tramonto. «Mi piace fare la pausa in questo momento, soprattutto d’estate, perché comincia a esserci un po’ di tranquillità e si possono osservare le persone con calma» racconta, con gli occhi accesi illuminati di viva curiosità. «Sembra di guardare un film, si vede ogni genere: il poliziesco, quando c’è un arresto, una commedia romantica, quando si salutano le coppie sulle banchine...». La stazione come il cinematografo. In effetti, proprio per la sua semplicità, la considerazione è perfetta. Il contesto, tutto sommato, può ricordare una generica scenografia, asettica quanto un moderno centro commerciale. Sono un’ottantina, infatti, i locali ospitati all’interno di Porta Nuova tra negozi d’abbigliamento, elettronica e telefonia, tempo libero e regali, bar, ristoranti e supermarket. Tutti o quasi afferenti ad una grande catena nazionale o a marchi presenti in tutto il mondo come il McDonald’s o Starbucks. Segno di una modernità che è arrivata anche alla toilette: per espletare ogni bisogno, oltre ad un euro tondo, serve anche una carta di credito dal momento che l’unico cambiamonete è guasto da tempo immemore.
Una limonata amara
Riservati ai clienti dei locali ospitati all’interno dell’enorme sala d’attesa al piano superiore dell’atrio centrale, invece, sono i bagni del “Terrazzo” accessibili soltanto attraverso un apposito Qr Code valido per un solo ingresso. Quello che ci ha garantito l’aver consumato una limonata “amara” al tavolino dell’Harry’s Bar per 4,2 euro comprensivo di un costo del servizio che, ad esempio, fa schizzare tra 20 e 30 euro il prezzo delle bottiglie di vino. Naturalmente non parliamo dello storico locale di Cipriani a Venezia ma della catena di Chef Express presente anche a Roma. Non che chioschetti di “sushi” e “poké” siano particolarmente economici, anche solo per fare uno spuntino prima di correre verso la banchina. Così, qualcuno s’impone nell’italica arte d’arrangiarsi anche per il pranzo. «C’è il supermercato, andiamo a comprare pane e prosciutto lì e ci facciamo i panini» si dicono, a un passo dal dramma coniugale, marito e moglie con prole capricciosa al seguito. «I bambini hanno visto le vetrine e vogliono andare in libreria» fa lei, con l’occhio che cade sul negozio di intimo accanto. «Dividiamoci» replica lui, salomonicamente, quasi stordito dal richiamo dello shopping compulsivo e dai rumori di quella che resta, comunque, una stazione. «Il treno alta velocità...» irrompono gli altoparlanti in quel brusio surreale. Riportando, per un istante, ogni cosa al proprio posto.
Binario 19, il treno della speranza
Mahmoud e i suoi compagni, seduti sulla banchina degli ultimi binari dei treni in partenza, stanno curvi sugli schermi dello smartphone a guardare un filmato sui respingimenti dei migranti tra Italia e Francia. «Vogliamo andare lì, abbiamo già fatto il biglietto» commenta con l’aria preoccupata, scongiurando di non riprendere né lui, né gli amici, in volto. Avrà a malapena diciotto anni, ma appare risoluto come un adulto, mentre il tabellone delle partenze si aggiorna con l’orario del prossimo treno per Bardonecchia: 11.15 al binario 19. Il loro, viaggio della speranza, cominciato a Sfax in Tunisia, ripartirà da lì a pochi minuti. Individuarli non è stato difficile. C’è la coincidenza di più dettagli che segnala, all’istante, quei migranti nord o centrafricani - spesso minori non accompagnati - pronti a salire sul convoglio all’ultimo minuto, per evitare i controlli della polizia: ciabatte e infradito ai piedi, qualche volta persino scalzi, oltre a borse di plastica cariche di pochi generi di sussistenza.
«Vogliamo solo andare in Francia»
Quasi tutti hanno in mano il tagliando più economico per la trasferta. Costa circa 7 euro, infatti, il sogno di arrivare a Oulx. Il nome del borgo che nessuno conosce ma che, molti, ripetono come un “mantra”. Sottovoce, quando si rivolgono agli assistenti alla clientela che presidiano le biglietterie elettroniche. Intanto Ibrahim e Bouba, entrambi senegalesi, stanno tenendo d’occhio il grande orologio dell’atrio centrale: lo fotografano e inviano un videomessaggio ai propri conoscenti già approdati Oltralpe annunciando anche il loro arrivo a Marsiglia. «Inshallah» replica con voce robotica il suo interlocutore prima di riagganciare. C’è ancora il tempo per una sigaretta che, però, fuma soltanto Bouba, prima di allontanarsi di scatto. Scomparso in un battere di ciglia, come un fantasma, allo spuntare di un “golf cart” della Polizia di Stato che vigila su arrivi e partenze. Ibrahim, invece, continua a ciondolare come nulla fosse, nella più totale indifferenza di chiunque. Pochi minuti dopo, infatti, salirà a bordo del vagone soltanto il suo amico. Lui, lascerà Porta Nuova dall’ingresso principale.
Come fantasmi tra i binari
Non è l’unico a dare l’impressione di essere un accompagnatore, specie se si osserva con più attenzione chi, oltre al personale di servizio, affianca i migranti prima della partenza. Due giovani nigeriani, infatti, fanno la spola in stazione da almeno un paio di giorni e sempre con gruppi di persone diverse. Il sospetto che siano “passeur” sembra confermato dall’assoluta indisponibilità al dialogo. «I dont’ understand you, non capisco» risponde uno di loro, sia in inglese che in italiano, con un sorriso oscillante tra la beffa e la minaccia. Chi era con lui, un attimo prima, si è appena allontanato, senza avere nemmeno il tempo di sentirsi chiedere perché, alla fine dell’estate, indossi già un piumino leggero prima di salire in carrozza.
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