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Il ferro era una miniera d’oro: così 51 imprenditori si sono intascati 10 milioni in nero

Guardia di finanza e Procura hanno chiuso un'indagine partita dal Canavese e allargata in tutta Italia

Come hanno fatto dei semplici rifiuti a "produrre" ricavi per 10 milioni di euro? Grazie a un mercato "parallelo" in nero, partito da una società del Canavese (attualmente in liquidazione) e arrivato a coinvolgere aziende in tutto il Nord Italia. Tanto che alla fine sono finiti nell'inchiesta ben 51 imprenditori, che ora rischiano di andare a processo per questo traffico milionario di materiali ferrosi.

L'operazione della guardia di finanza, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia della procura di Torino, è stata ribattezzata "Black scrap", che in italiano si può tradurre come "scarti neri". Le accuse sono associazione per delinquere finalizzata al traffico illecito di rifiuti e attività di gestione di rifiuti non autorizzata, oltre a occultamento e/o distruzione di documenti contabili (come i “formulari rifiuti” e i relativi documenti di trasporto).

L’attività, svolta dai finanzieri della Compagnia di Lanzo Torinese, è partita dalla verifica fiscale eseguita nei confronti di una società canavesana che operava nel settore del commercio all’ingrosso e del recupero di rottami industriali e rifiuti non pericolosi.

Così le Fiamme Gialle hanno scoperto una contabilità “parallela”, ben nascosta all’interno dei sistemi informatici aziendali: scavando, sono riusciti a ricostruire acquisti e cessioni di oltre 54mila tonnellate di materiale ferroso “in nero” dall’Azienda. Il cui valore è stato stimato in circa 10 milioni, di cui metà regolati in contanti (in violazione alla legge sulla circolazione valutaria). Inoltre le cessioni dei materiali ferrosi, tutti prodotti di scarto e quindi considerati come rifiuti, erano state realizzate senza rispettare le prescrizioni imposte dalle norme ambientali. E mancavano anche i requisiti di conformità e tracciabilità previsti dalle norme nazionali ed europee.

Come detto, alla fine sono complessivamente 51 gli amministratori di società coinvolti: 4 della società canavesana, per cui, e 47 di altre aziende sparse soprattutto nel Nord Italia. Nei loro confronti la Procura ha già emesso l’avviso di conclusione delle indagini preliminari e per quanto riguarda i cosiddetti "promotori" dell'associazione a delinquere ha già chiesto il rinvio a giudizio al giudice per le indagini preliminari: si tratta dei 4 canavesani e di un imprenditore della Brianza.

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