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Il caso
22 Maggio 2025 - 09:25
«La ‘Ndrangheta è la mafia più ricca e pericolosa. Come si ferma? Dando diritti ai cittadini, come diceva il generale dalla Chiesa».
A parlare è Gian Carlo Caselli, già procuratore a Palermo e a Torino, dove ha condotto alcune delle più importanti inchieste sulla criminalità organizzata: «Le mafie appestano l’Italia da circa due secoli, in modo particolare Cosa nostra e la ‘Ndrangheta - premette l’ex magistrato - Per lungo tempo, la seconda si è sviluppata nel cono d’ombra della prima. Poi, passato il periodo stragista e diminuita la pericolosità di Cosa nostra, è emersa quella della ‘Ndrangheta». Che oggi, secondo Caselli, è la mafia più pericolosa, ricca e attrezzata. Non solo: «In passato le due mafie hanno avuto attività in comune ed è possibile che collaborino ancora sul piano internazionale, dove servono somme elevatissime».
Il quadro è preoccupante: «Magistratura e forze dell’ordine sono sempre sul pezzo sia in Piemonte sia in Calabria, come dimostrano le continue inchieste. Tuttavia le mafie ci sono ancora. Anche perché c’è sempre richiesta di loro “servizi”, come lo smaltimento dei rifiuti tossici. E si moltiplicano i settori di intervento, come l’agroalimentare: le agromafie sono sempre più presenti, dal campo alla tavola. Il concetto di base è “piatto ricco mi ci ficco”, soprattutto quando possono approfittare delle difficoltà altrui. Come quelle che il Covid ha provocato a tante aziende».
Come si ferma tutto questo? «Il generale Carlo Alberto dalla Chiesa, in un’intervista rilasciata a Giorgio Bocca appena prima di essere ucciso, ha risposto a questa domanda con un concetto molto attuale. Disse che i diritti fondamentali dei cittadini non sono sufficientemente garantiti. In questo modo la mafia può inserirsi e trasformare quei diritti in favori, chiedendo in cambio aiuto o omertà. Soddisfiamo questi diritti e i cittadini diventeranno alleati necessari per vincere la guerra alla mafia». L’ex procuratore aggiunge un paio di altri concetti: «Bisogna fermare l’oscenità della complicità da parte di pezzi del mondo politico ed economico. È una questione di responsabilità morale che, in questo Paese, non esiste più. Poi, come ha detto il procuratore Nicola Gratteri, bisogna aggiornare le regole e i metodi».
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