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Sanità
27 Ottobre 2025 - 18:30
Il tumore al seno rappresenta una delle neoplasie più frequenti nella popolazione femminile, ma anche una delle meglio trattabili grazie ai progressi diagnostici e terapeutici degli ultimi anni. Superata la fase acuta delle cure, la riabilitazione oncologica assume un ruolo centrale nel percorso di guarigione, contribuendo al recupero funzionale, alla gestione degli effetti collaterali e al miglioramento complessivo della qualità di vita. Nel mese rosa, dedicato alla prevenzione e alla consapevolezza, è fondamentale ricordare che la cura del tumore al seno non termina con la fine delle terapie, ma prosegue con un percorso riabilitativo mirato, che restituisce autonomia, energia e fiducia alle pazienti. Ce ne parla la dottoressa Ursula Morabito, medico fisiatra specializzata in riabilitazione oncologica.
"Qual è il ruolo della riabilitazione nelle donne operate al seno?"
"La riabilitazione, in generale, nelle donne operate al seno serve a guidarle e spiegare soprattutto, spesso questa è la richiesta, che cosa fare e che cosa non fare dopo un intervento di chirurgia oncologica, che sia di tipo più conservativo o meno conservativo e con quali tempistiche. Quindi la riabilitazione serve a prenderle in carico, guidarle fino ad aiutarle nel ripristino della funzionalità, o comunque di avvicinarsi il più possibile.
"Qual è il momento giusto del percorso per sottoporsi a visita fisiatrica?"
"La visita fisiatrica e la presa in carico eventualmente riabilitativa avvengono fin dall'immediato periodo post operatorio, addirittura durante il ricovero di chirurgia, per poter guidare le pazienti dopo la dimissione e per poter dire loro quale può essere l'ulteriore appuntamento da prendere, che sarà all'incirca al mese dall'intervento, se riceviamo l'ok da parte del chirurgo senologo e della chirurga plastica. In particolar modo, questa visita a un mese è mirata a valutare e iniziare il trattamento delle cicatrici, che è fondamentale per la funzionalità della spalla, per la funzionalità della colonna, alla mobilizzazione eventualmente delle protesi e alla mobilizzazione della spalla che spesso può essere limitata o dolorante. Un ulteriore periodo cruciale è quello del trattamento dopo la radioterapia, periodo nel quale ci può essere un instaurarsi della rigidità dei tessuti e ancor più se miriamo alla ripresa della funzionalità lavorativa, reinserimento sociale e all'attività sportiva"
"Cos'è il linfedema? Come si può gestire?"
"Il linfedema è una patologia cronica che fa assolutamente gestita e prima il trattamento si inizia rispettivamente all'insorgenza della problematica, meglio è. Può insorgere subito dopo l'intervento e anche a questo servono i trattamenti un po' consecutivi all'intervento per poter monitorare ed eventualmente gestire fin da subito la problematica, oppure può insorgere a distanza di tempo, dopo ad esempio un traumatismo della cute o a volte dopo il posizionamento di un pacemaker. Attualmente si verifica sempre meno frequentemente grazie alle tecniche del linfonodo sentinella e alla microchirurgia, però è una patologia che si può presentare, o meglio una complicanza della patologia che si può presentare, e che va gestita. Il trattamento prevede principalmente l'applicazione di un bendaggio multi strato, che ha determinate caratteristiche, deve essere posizionato dalla fisioterapista in un determinato modo, in alcuni casi associato a pressoterapia e al massaggio linfodrenante. Tutto questo prevede anche poi l'esecuzione di esercizi funzionali che prevedono un'attivazione del bendaggio. Nel momento in cui finiscono questi trattamenti in acuto viene poi posizionata e utilizzata una guaina che ci aiuterà a mantenere il risultato e un trattamento di mantenimento mensile che serve come sia come trattamento ma anche come monitoraggio della fase del quadro clinico".
"L'attività sportiva è consigliata?"
"Assolutamente sì, l'attività sportiva deve essere fatta, compatibilmente con le condizioni cliniche della paziente, però assolutamente le linee guida hanno dimostrato ormai, con diversi studi scientifici, che è necessario svolgere 150 minuti alla settimana di attività moderata o 150 minuti alla settimana di attività più intensa che prevengono le recidive, che aiutano a gestire anche sotto il punto di vista umorale e di inserimento sociale il periodo post patologia".
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