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L'INTERVISTA
12 Giugno 2023 - 20:12
L’Italia è divisa tra chi prova cordoglio e chi gioisce della sua definitiva uscita di scena. Lei da che parte sta?
«Quando una persona muore resta ciò che è stato in vita. Quindi anche il mio giudizio resta assolutamente intatto. In generale, abbiamo la tendenza dopo la morte di far diventare buone le peggiori canaglie. Peraltro, gli fanno un pessimo servizio i suoi devoti che lo trasformano in un santino».
In che senso?
«Lui non ha mai fatto niente per dipingersi come un santo. E poi piaceva proprio perché era una canaglia. Se fosse stato un santarellino non avrebbe preso un voto. I suoi elettori lo amavano esattamente così com’era. Si è sempre divertito e non ha mai nascosto la sua vera natura. Nascondeva i reati, quelli sì, per non finire in galera».
Lei non gli ha mai risparmiato nulla. Tra le tante cose che gli rimprovera non gli riconosce neanche una virtù?
«La tenacia. Ne ha passate di tutti i colori dal punto di vista fisico, sanitario, giudiziario e politico. Ricordo quando gli hanno tirato il modellino del Duomo in faccia, ad esempio. Ha subito così tanti interventi che probabilmente non c’era più un millimetro quadrato della sua pelle che fosse quello originario. Ne ha viste di tutti i colori nella sua vita, ma era sempre lì pronto. Per tigna e per non darla vinta. Aveva sicuramente una resistenza fisica e una tempra nervosa ineguagliati. Leggendo la sua biografia ci si rende conto che – nel bene e nel male, soprattutto nel male secondo me – ha fatto proprio tante cose. La sua vita potrebbe essere spalmata su 10-20 protagonisti».
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