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IL VIDEO- REPORTAGE
07 Gennaio 2024 - 05:30
Basta percorrere una trentina di metri, venticinque passi scarsi, per incrociare il primo senzatetto che, tra piazza Carlo Felice e via Roma, stira le braccia fuori da una montagna di coperte, sbadigliando a un sole più caldo del solito mattino d’inverno. Ringraziando di non essere rimasto assiderato, come le decine d’altri che, come lui, hanno scelto di trascorrere la notte in strada anche nei primi giorni dell’anno. Proprio sotto i portici del centro. Nonostante gli appelli all’accoglienza che si inseguivano a ridosso del Natale dal Comune all’Arcidiocesi, l’emergenza freddo di Torino, anche quest’anno, pare sia rimasta dov’è sempre stata. Sotto gli occhi dei cittadini che passeggiano tra l’annoiato e l’indifferente davanti alle vetrine dopo pranzi e cenoni, ma anche quelli dei turisti che, per dirla con garbo, sembrano decisamente più stupiti.
Notte al gelo
«Servono soltanto buone coperte, tante coperte per restare in strada» assicura Mario, quarant’anni ancora da compiere, prima di consumare il thè caldo che, poco prima, deve avergli lasciato qualche volontario. «Se non ci fossero loro per certe cose, come la salute, non saprei che fare» aggiunge, senza far mistero che lui, benché il Comune abbia ampliato l’offerta di posti nei dormitori pubblici, preferisce rimanere per la strada. Anche con il freddo di gennaio. «Finisco per trovarli pieni e poi, succede un po’ di tutto all’interno. Si litiga, per non parlare dei furti di documenti o di ciò che si ha di più caro».
Come lui, almeno una ventina di clochard e mendicanti sono già in strada o, meglio, piazzati nel “salotto buono” del centro e lungo tutto il mezzo chilometro della via principale che lo percorre tra Porta Nuova e piazza Castello. Sotto gli occhi di tutti e di nessuno, pare, se non di chi si ferma a fotografarne i giacigli con il “Cavàl ’d Brons” a far da sfondo. Non per carità, ma per riderne o commentare con indignazione. «Non sono tutti gentili ma ci lasciano stare in strada e ci rimaniamo» ammette Constantin, senza censurarsi sulle ragioni per cui non va in dormitorio. «C’è brutta gente, si litiga» aggiunge con lo sguardo torvo, sistemando il sacco a pelo all’angolo con via Gramsci. A chiedere solo l’elemosina sotto il portico di via Roma, invece, c’è Federico, barba bianca e una cinquantina d’anni di cui soltanto gli ultimi trascorsi senza un lavoro. «Questo è il mio nuovo impegno, chiedo “un contributo per la mia Porsche” mica per altro» afferma sorridendo e mostrando un modellino di una fuoriserie.
Posti in Galleria
In Galleria San Federico, poi, si sta risvegliando Mohammed, 43 anni. Troppa la confusione dei passanti attorno all’albero di Natale e la musica che arriva dall’amplificatore di un chitarrista di strada. Sembra rintontito e non soltanto dal risveglio brusco, quasi congelato. Dice di non sapere nulla dei dormitori pubblici anche se è da più di un anno che si trova in strada. «Molti hanno vizi, soprattutto l’alcol ed è per questo che non vanno nei dormitori» ci spiegano una volta rispuntanti in piazza Carlo Felice, ormai, affollata di gente per l’avvicinarsi dell’ora di pranzo.
Qui i giacigli sembrano palchi e persino i posti sono quasi assegnati per diritto. «Laggiù sta lo “Zio Massimo” come lo chiamiamo noi, non perché ci sia parente ma è il decano della piazza. Oggi, però, non lo troverete. Lo hanno derubato, proprio questa notte. Addio portafoglio. E, adesso, sarà già andato a far denuncia per riavere i documenti» spiega Salvatore che dice di essersi spostato a Torino dalla Sicilia «perché qui si sta meglio». Come, ascoltando le storie di chi non vuole andare in una struttura di accoglienza, almeno per la notte, viene lecito chiederselo. Specie per i più anziani che, a quanto raccontano in via Roma, tendono ad isolarsi appena fuori dal centro.
«Altri portici per i vecchi»
«Quelli più vecchi di noi, spesso malati, preferiscono stare da altre parti perché ci sono meno controlli e vengono lasciati in pace». Sotto altri portici come quelli di via Sacchi o via Nizza. «Lì è pericoloso davvero quando fa più freddo, perché nessuno si accorge di te se muori assiderato» puntualizza Yassin, spostandosi dopo aver raccolto tutto quanto nello zaino da montagna verso San Salvario. «Vado a prendere il sacchetto per mangiare, prima che ci sia troppa gente come me che si è svegliata e non ha raccolto ancora niente. Nemmeno una moneta».
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